Studi sulla caduta dell'idea di progresso nella cultura europea
Per alcuni secoli la cultura occidentale ha nutrito, con poche eccezioni, una ferma fede nel progresso: cioè essa ha creduto che il cammino della nostra civiltà fosse un cammino ascendente e inarrestabile, che avrebbe accumulato conquiste (non solo scientifiche e tecniche, ma anche morali e politiche) sempre più elevate. Sarebbe sorto così un mondo sempre più degno dell’uomo. Nel Settecento l’idea di progresso si è imposta largamente nel modo di concepire la storia, grazie all’Illuminismo. Nella prima metà dell’Ottocento tale idea si è rafforzata, e ha finito per dominare quasi tutte le manifestazioni della cultura occidentale (basti pensare alle dottrine di Hegel, di Marx, di Saint-Simon, di Comte).
Ma già nella seconda metà dell’Ottocento tale idea è entrata in crisi (per Burckhardt la storia non ha un fine né una meta), e tale crisi si è aggravata nel Novecento, il secolo che ha avuto due spaventose guerre mondiali e che ha visto la tragica parabola dei totalitarismi.
Questo libro documenta la demolizione dell’idea di progresso fatta da pensatori del calibro di Max Weber, Freud, Pareto, Ortega y Gasset, Jaspers, Nietzsche, Spengler, Adorno e Horkheimer, per giungere a Benedetto Croce e a Raymond Aron. Ne esce un quadro di enorme interesse, nel quale si intrecciano motivi più che mai attuali per noi che viviamo nel XXI secolo, foriero di nuove tragedie e di nuove inquietudini.
I pensatori presi in esame da Bedeschi non costituiscono in nessun modo un filone unitario, non solo perché appartengono a contesti nazionali e culturali diversi, ma anche e soprattutto perché essi differiscono radicalmente nei motivi ispiratori. Se Burckhardt, Weber e Ortega y Gasset (per fare alcuni nomi) si rifanno, nel delineare la loro prognosi della decadenza dell’Europa, a ideali umanistici e liberali, Nietzsche, Spengler e Heidegger si rifanno invece a idee antiumanistiche e antiliberali. Il quadro che esce dalla ricostruzione è, quindi, assai eterogeneo e differenziato (e non bisogna mai perdere di vista nemmeno per un istante tali distinzioni e differenze): e, tuttavia, esso è impressionante per la decisa opposizione, anche se assai variamente motivata, alla fede nel progresso così largamente diffusa nel Settecento e nell’Ottocento, e per la comune convinzione che quello che caratterizza la civiltà occidentale è un cammino di involuzione, di decadenza, di degrado. La nostra civiltà sarebbe entrata insomma in una lunga notte, nella quale non s’intravede il chiarore di una nuova alba. Risulta, dal tale quadro, che nel Novecento l’Europa colta ha perduto la fede in se stessa, nella continuità della propria storia, nell’esistenza di una propria missione.
DAL TESTO – “Se all’origine della sventura dell’Occidente c’è la manipolazione della natura, cioè la sua dissacrazione scientifica, allora è evidente che il principale responsabile di tutto ciò è quel pensiero «nella sua forma reificata» che si esprime «come matematica, macchina, organizzazione». Il grande imputato, insomma, è, per Adorno e Horkheimer, la scienza, sia nella sua forma teorico-astratta, sia nelle sue concrete applicazioni tecniche e industriali. Anzi, a questo proposito gli Autori confessano di essere caduti essi stessi, in un primo tempo, in un grave errore, da cui hanno dovuto poi emendarsi: essendosi proposti di comprendere perché l’umanità, invece di entrare in uno stadio veramente umano, sprofondi in un nuovo genere di barbarie, essi avevano ritenuto di dover dare ancora qualche credito alla coscienza attuale. «Pur avendo osservato da molti anni che nell’attività scientifica moderna le grandi invenzioni si pagano con una crescente decadenza della cultura teoretica, credevamo pur sempre di poter seguire la falsariga dell’organizzazione scientifica, nel senso che il nostro contributo si sarebbe limitato essenzialmente alla critica o alla continuazione di dottrine particolari». Senonché gli autori – dicono – si sono accorti ben presto che non era in discussione questo o quell’indirizzo scientifico, questa o quella dottrina particolare, perché, «nel presente sfacelo della civiltà borghese», era entrata in crisi «non solo l’organizzazione, ma il senso stesso della scìenza».”
L’AUTORE – Giuseppe Bedeschi è professore emerito di Storia della filosofia presso “La Sapienza” Università di Roma. Ha fatto ricerche e pubblicato studi su Marx e il marxismo (“Introduzione a Marx”, Roma-Bari, 2012, 11° ediz.; “Introduzione alla Scuola di Francoforte”, Roma-Bari 2008, 7a ediz.), sulle ideologie politiche italiane (“La fabbrica delle ideologie. Il pensiero politico italiano del Novecento”, Roma-Bari 2002), e sulla storia sociale e politica del nostro Paese (“La prima repubblica (1946-1993). Storia di una democrazia difficile”, Soveria Mannelli, 2013). Fra le sue opere anche studi su Rousseau (“Il rifiuto della modernità. Saggio su Rousseau”, Firenze 2011, 2a ediz.) e sul liberalismo (“Liberalismo vero e falso”, Firenze 2008) e “Storia del pensiero liberale” (Soveria Mannelli 2015). Fa parte del Comitato scientifico della rivista «Nuova storia contemporanea», e collabora a «Domenica», supplemento culturale domenicale del «Sole-24ore».
INDICE DELL’OPERA – Premessa – 1. Introduzione. La fede nel progresso nella cultura dell’Ottocento (1. La razionalità della storia (Hegel) – 2. Dalle ceneri della società capitalistica sorgerà una società nuova (Marx) – 3. La società industriale come società razionale (Saint-Simon e Comte)) – 2. Il tramonto dell’idea di progresso (1. La storia non ha un fine né una meta (Burckhardt) – 2. Una «gabbia d’acciaio» minaccia la nostra civiltà (Weber)) – 3. L’irrazionale predomina nella storia (1. La nostra civiltà è continuamente minacciata di distruzione (Freud) – 2. La storia delle società umane è un eterno moto ondoso (Pareto)) – 4. La società di massa e il dominio dell’«apparato» (1. La ribellione delle masse minaccia la nostra civiltà (Ortega y Gasset) – 2. Il dominio delle masse e il collasso della cultura (Jaspers)) – 5. Decadenza e tramonto della civiltà occidentale (1. Viviamo in un mondo senz’anima (Simmel) – 2. Decadenza e involuzione della civiltà occidentale (Nietzsche) – 3. Il tramonto della civiltà occidentale (Spengler) – 4. La mancanza di dimora dell’uomo contemporaneo (Heidegger) – 5. L’autodistruzione della nostra civiltà (Adorno e Horkheimer) – 6. Dalla fede nella razionalità della storia all’angoscia per l’Anticristo che è in noi (Croce)) – 6. Le delusioni del progresso nel secondo dopoguerra (Aron) – Indice dei nomi
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