A quasi 70 anni dalla pubblicazione del celebre saggio di Hannah Arendt, un libro di Dario Fertilio, giornalista e scrittore, riapre la questione del totalitarismo. “Il virus totalitario” (appena uscito da Rubbettino, pagine 210, euro 14) propone una nuova lettura del fenomeno e viene presentato come una “Guida per riconoscere un nemico sempre in agguato”.
Con quest’ultimo sottotitolo lei allude al fatto che i grandi totalitarismi, come il comunismo e il nazismo, non sono soltanto fenomeni dei secoli scorsi?
E’ così – risponde Fertilio – e ne abbiamo ogni giorno sotto gli occhi un esempio significativo: l’islamismo radicale.
Dicendo che il totalitarismo è sempre in agguato, allude all’incombere sull’Occidente del terrorismo jihadista?
Non soltanto. Il fatto è che, proprio come un virus, il totalitarismo si può considerare una minaccia latente, e capace di ripresentarsi in forme nuove e diverse.
Quali, ad esempio?
Per farsene un’idea, e spero con questo di non spaventare troppo i lettori, invito a immaginare un vampiro, cioè un essere né vivo né morto, costantemente alla ricerca di linfa vitale per sopravvivere. Tutto gli può servire come materiale da combustione: la tecnologia, la scienza, l’ecologia, lo spirito nazionale, libri come il Capitale o il Corano o la Bibbia, e, paradossalmente, persino la stessa democrazia occidentale.
Dobbiamo pensare a una specie di Dracula?
Mi sembra più pertinente il paragone con i virus organici, nel senso che la sua diffusione avviene allo stesso modo parassitario, è costantemente in grado di trasformarsi, mira a infettare e quindi colonizzare cellule culturali e sociali sane, puntando attraverso di esse alla “maculazione universale”, cioè a una propagazione senza limiti.
Siamo molto lontani, mi sembra, dalle tesi di Hannah Arendt riguardo alla “banalità del male”.
Siamo distanti dal punto di vista temporale, poiché il saggio più celebre della Arendt uscì nel 1951, e da allora molta acqua è passata sotto i ponti. “Il virus totalitario” tiene conto però non solo di quella famosa analisi, ma anche di tantissime altre realizzate nei decenni successivi, dapprima sotto l’incalzare del nazionalismo hitleriano, poi del comunismo internazionale, e ora, come dicevo, dell’islamismo radicale.
In sostanza, al di là delle metafore, con che cosa abbiamo a che fare?
Con diverse versioni di un sistema base finalizzato a un dominio incontrollato e universale. Naturalmente, nei suoi aspetti ideologici, il fenomeno si presenta come fede, ideale purissimo nel nome del quale deve essere possibile redimere il mondo, e poi ricostruirlo secondo i precetti di una nuova dottrina. Ma, dietro alle apparenze, si muove in realtà il virus latente, il cui vero scopo è prolungare indefinitamente la sua stessa esistenza.
Insomma, il totalitarismo è cinico e trasformista, non si rivela mai per quello che è.
Poiché il suo scopo è anzitutto quello di distruggere, deve per forza camuffarsi. E, allo stesso tempo, sviluppare una capacità attrattiva in grado di spingere migliaia o milioni di persone a sacrificare tutto per la sua affermazione, incluse spesso le loro stesse vite.
Lei attua una divisione molto netta tra bene e male. Ma esistono zone grigie intermedie fra il virus totalitario e la società ancora “sana”?
Il libro esamina anche fenomeni correlati che oggi appaiono folli e inspiegabili, come il terrorismo omicida e suicida, oltre al genocidio: essi sono antichi quanto l’umanità, ma è la combinazione ideologica e tecnologica che si è realizzata all’inizio del Novecento ad aver ingigantito il loro impatto. Questo nuovo studio sui fenomeni totalitari consente inoltre di accostare, analizzandone le affinità di fondo, il nazionalsocialismo hitleriano, il comunismo sovietico, il tardo fascismo italiano delle leggi razziali; ma anche i fenomeni contemporanei dell’islamismo radicale, del nazi-comunismo post-sovietico, del terzomondismo di matrice sudamericana, dei nuovi nazionalismi autoritari.
Lei sostiene che il virus totalitario può infettare e servirsi, persino, della democrazia?
Purtroppo è così. So che questa affermazione è destinata a suscitare molte polemiche. Ma “Il virus totalitario” denuncia proprio lo sviluppo di un pre-totalitarismo occidentale, non ancora in fase acuta, ma comunque volto al controllo della società, all’emarginazione dei dissidenti mediante il conformismo ideologico, alla moltiplicazione sfrenata dei diritti soggettivi, alla creazione di visioni apocalittiche come quella del “riscaldamento globale”, alla esaltazione di una transgenetica che relativizza i concetti stessi di differenza sessuale, di vita e di morte. Ecco perché questo saggio è destinato non solo allo specialista, ma anche al lettore comune, e gli offre una guida per comprendere e affrontare le attuali minacce internazionali e terroristiche.
A loro modo, questi nuovi totalitarismi sono figli della modernità. Ma secondo lei è possibile combatterli?
Questo è lo scopo finale del libro: aiutare a comprendere per combattere più efficacemente, giacché – come si suole dire – uomo avvisato è mezzo salvato. E’ anche un invito alla vigilanza contro l’insorgere di ogni nuova, sempre possibile forma totalitaria. Ognuno è chiamato a combattere con i mezzi a disposizione, allo scopo finale di “affamare il virus” e spingerlo all’estinzione.
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