“Conviene leggerle queste memorie, per stabilire una volta per tutte, che non basta una cattedra, un buon curriculum, né un nome altisonante. Poiché ciò che distingue un medico da un altro, neanche a dirlo, è proprio “il cuore!”. Sono le emblematiche parole di Renato Zero, paziente e amico di Antonio Rebuzzi, scritte nella prefazione del libro “Dalla parte del cuore. Storie di un cardiologo e dei suoi pazienti” (Rubbettino, pp.142 15).
Il libro di Antonio Rebuzzi: “Dalla parte del cuore. Storie di un cardiologo e dei suoi pazienti”
Antonio Rebuzzi, già primario della terapia intensiva cardiologica del Policlinico Gemelli di Roma, docente di Cardiologia dell’Università Cattolica di Roma ed editorialista del quotidiano Il Messaggero, è relatore in numerosi congressi in Italia e all’estero, nonché autore di oltre 240 pubblicazioni su riviste italiane ed internazionali.
Nella sua biografia racconta il quarantennale lavoro nelle terapie intensive cardiologiche attraverso le esperienze dei suoi pazienti. “Tutte storie realmente accadute che ci insegnano che esiste chi nell’attenuare la sofferenza altrui ha scoperto il suo essere vero, reale e che se non ci fosse chi è abituato ai miracoli forse non ci sarebbero più i miracoli” si legge nella presentazione.
Affiancato dalla giornalista e scrittrice, Evita Comes, Rebuzzi racconta le vicende di persone comuni, pazienti non famosi, ad eccezione del cardinale Carlo Maria Martini e il viaggio fatto con Benedetto XVI in Australia. «Sono storie di pazienti normali – spiega il cardiologo – da quella di un ragazzo morto sulla Costiera amalfitana per un incidente, a quella di Francesco, 19enne che ha avuto un arresto cardiaco andando in coma per poi risvegliarsi, fino a quella di una persona convinta di essere stata portata in un Hotel a 5 stelle e non in un’unità coronarica. Vicende diverse, alcune tragiche, alcune a lieto fine».
Le storie dei pazienti, «se la medicina è esercitata nello spirito di servizio – spiega il professor Rebuzzi – coinvolgono l’intera struttura. Il titolo del libro – Dalla parte del cuore – ha proprio questo significato: è necessario metterci non solo la professionalità, ma anche l’anima. Per fare il medico bene, serve stare dalla parte del paziente, non sentirsi protagonisti della cura, ma ricordarsi che si sta combattendo al fianco della persona che si assiste per aiutarla a superare la malattia. Non dovrebbe esserci, come scrivo alla fine del libro, attraverso il mio angelo custode che è la voce narrante, altro modo di fare il medico di come lo abbiamo raccontato in queste pagine: presente, semplice e umile».