Va sottolineato in apertura che il saggio di Luciano Pellicani sui “cattivi maestri della sinistra”, di taglio puramente sociologico e non certo storico, merita un giudizio singolare: è spesso ma non sempre accettabile nelle considerazioni pungenti e severe sul comunismo, è censurabile e criticabile nei passaggi riguardanti il ruolo dei socialisti, di fronte ai quali si pone in una posizione omissiva. Centrata e opportuna la contrapposizione tra Lenin, teorico della conquista violenta della società nella sua totalità, e Gramsci, fautore dell’acquisizione dello Stato “attraverso l’occupazione pacifica delle istituzioni della società civile (scuola, università, mezzi di comunicazione di massa, sindacati ecc.”). Si tratta di programmi, che in entrambi i casi si sono realizzati in Russia ed in Italia nel secondo dopoguerra con i devastanti risultati presenti nella realtà quotidiana. Purtroppo Pellicani dimentica un settore, nel quale ormai è dilagante il monopolio della sinistra affossatrice delle strutture e dei fondamenti stessi della società nazionale, la magistratura. Su Togliatti ed il Pci manifesta un giudizio deciso ma dimenticato e cancellato ancora oggi nell’opinione pubblica all’uopo distratta o deviata: addebita loro di aver eletto a “modello ideale il più compiuto e spietato Stato totalitario mai registrato negli annali della storia universale”. I riconoscimenti tributati al partito sono quelli fuorvianti e fallaci, avanzati dai socialisti, quali, ad esempio, quelli di “energico e appassionato “tribuno della plebe””, con l’obiettivo evidente della strumentalizzazione e dell’asservimento, e dei contributi recati “alla costruzione e allo sviluppo della nostra democrazia” con esplicita attribuzione di una immeritata ed infondata patente di democraticità. Pellicani, ritenendo “fondamentale” il libro di Orsini, Gramsci e Turati: le due sinistre (Rubbettino, 2012), accredita calorosamente l’antitesi con i socialisti. E qui emerge inoppugnabile il vuoto di ordine storico, dal momento che le lotte frontiste o “popolari” condotte unitariamente in Spagna, nella resistenza, nel 1948 e nel 1953 sono indelebili come ugualmente hanno avuto un ruolo non marginale e non occasionale le amministrazioni comunali, provinciali e regionali rette in sintonia ed in armonia anche negli anni di Craxi, presunto campione di anticomunismo. A proposito di Togliatti, del quale Pellicani delinea un ritratto, fondato sulla sua emblematica “doppiezza”, non guasta rammentare che, a differenza del bestemmiato ancora oggi Almirante, da decenni, con l’avallo unanime dei partiti “democratici”, gli è stata intitolata una delle più importanti, se non la maggiore per sviluppo chilometrico, arteria di Roma. Per gli altri tre “cattivi maestri” bastino alcuni passi sintomatici tali da inquadrarli e da spiegarne senza equivoci l’incidenza non solo politica ma anche etica, contrapposta al mondo occidentale. Lukacs legittimò il Terrore bolscevico in maniera piena e totale. Sartre considerò la pubblicazione del Rapporto Krusciov sui crimini di Stalin “un errore che diede delle armi ai nemici della rivoluzione” con una carica estremistica, tale da sconfinare, dopo la contestazione studentesca, nel maoismo. Marcuse infine va ritenuto come uno “dei più accaniti nemici della cultura liberale”, estimatore addirittura del totalitarismo nazista.
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