da Il Quotidiano della Calabria del 20 Maggio
Inizia con un tributo alla Calabria e ai suoi autori la dodicesima edizione del Progetto Gutenberg. Fiera del libro, della multimedialità e della musica, la rassegna culturale e letteraria promossa dal Liceo classico Galluppi di Catanzaro. Ieri mattina l’inaugurazione della Fiera del libro, che quest’anno chiama a raccolta intellettuali, docenti, scienziati e scrittori di fama nazionale ed internazionale a discutere sul tema “Natura, artifici, storie”. Dopo l’intervento dello scrittore Mimmo Gangemi, autore di numerosi romanzi tra cui “Il giudice meschino”, oggetto di dibattito ieri mattina dopo l’inaugurazione presso Palazzo De Nobili, si parla di una storia intima e familiare con Annarosa Macrì, giornalista e scrittrice calabrese, autrice del romanzo Da che parte sta il mare, edito da Rubbettino. “Una lezione emozionante”, densa di stimoli, che ha coinvolto gli studenti ieri pomeriggio, presso il liceo classico Galluppi, per la capacità della scrittrice di parlare al cuore delle persone, di prenderle per mano e accompagnarle nelle stanze della sua vita passata. Una vita spesa a raccontare le storie degli altri, ad ascoltare il vissuto di persone comuni, a restituire dignità e fierezza al lavoro e alle vicende di gente ogni giorno diversa. Adulti, bambini, anziani, lavoratori e disoccupati, immigrati e migranti, deboli e potenti, ricchi e poveri, una grande comunità di persone che abitano il Paese, ma soprattutto la Calabria, raccontata con passione, dedizione, amore per la verità. Una passione che Annarosa eredita da colui che sarà guida e fonte di ispirazione per una vita intera, suo padre. Giornalista in un’epoca difficile, ma pronto a sacrificare tutto in nome di una passione, la scrittura. E poi la sua morte precoce, l’esigenza di tre donne, la moglie e le figlie, di rimboccarsi le maniche per andare avanti.
E’ questa la storia di Anna Rosa Macrì che, dopo 35 anni da giornalista, sente il bisogno di parlare di sé, di far sapere agli altri episodi e momenti di una vita che altrimenti andrebbero perduti. “Ognuno porta con sé un grande patrimonio, la propria storia, che merita di essere conosciuta e raccontata. Siamo tutti proprietari di storie e dunque potenziali narratori”. Arriva così l’esigenza di non lasciare soltanto nella propria memoria il ricordo dell’infanzia, ma anche la storia di un’epoca, di una Calabria, di una parte della società. Perché le vicende narrate nel romanzo sono lo specchio di una parte della Calabria del dopoguerra, una terra povera, che prova a rimboccarsi le maniche, ma che nella sofferenza e nella miseria non perde la dignità e soprattutto i valori del sapere, della cultura, della famiglia. Si legge anche questo in quell’anno di vita narrato dalla Macrì, il 1956, l’anno che rappresenta “il bandolo della matassa”, quello che ha condizionato la sua vita e che merita di essere raccontato. Un momento di vergogna, quando una bambina di 8 anni vive con la sua famiglia nella cabina di uno stabilimento balneare e non sa il perché. Ma anche di amore per un padre pieno di passione per il suo mestiere, un uomo che, pur lasciando il mondo troppo presto, accompagnerà per sempre la vita e le scelte della piccola Annarosa. “Un romanzo scritto con semplicità, capace di comunicare abilmente con il lettore”, come osserva un ospite in sala, che “testimonia, secondo Alessandro Carè, docente del liceo Galluppi “la paura dell’infanzia davanti al mare della vita”, che narra una storia in terza persona senza risparmiare al lettore dettagli intimi, come quelli sul rapporto tra un padre che teme di invecchiare e di una figlia che lo osserva innamorata.
di Azzurra Condello
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