Da La Sicilia del 26 luglio
Dalla lingua dei padri prende le mosse “Poesie contro me stesso”, ultima raccolta poetica del giovane Daniel Cundari (Rubbettino editore, 2014). “Opera in tre atti” recita il sottotitolo, indizio che conduce il lettore all’interno della dimensione più significativa, il gioco impeccabile che Cundari compie componendo ora in italiano, la lingua madre, ora nel dialetto calabrese del paese natio e dei dintorni assolati, e ora nel fluente spagnolo, terra di conquista linguistica ed esperienziale. Una visione e una ricerca poetica aliena da provincialismi e capace di catturare con la stessa grazia l’esattezza di un attimo e il senso del Tempo. Tre patrie linguistiche e l’impressione di leggere le memorie di un esiliato, di un irrequieto viandante che sceglie di non avere mete e fa naufragare i mari. Una personalità forte, strutturata nella consapevolezza poetica, pronta a perdersi tra i passi della gente e i silenzi delle strade vuote di un paese meridionale dove ogni cosa pare ripetersi uguale a se stessa, fissata nel contrasto di una luce in eccesso. Al centro una ricerca di senso che non teme le ombre, le attraversa e le invoca; un andare contro se stessi, quello di Cundari, come atto di contestazione innanzitutto. “Il poeta va a letto con il pugnale, / la rabbia sulla fronte, / in un palmo ha un tuono, / nell’altro un fulmine. // Il poeta si sveglia alle quattro del mattino / e non dorme, / distrugge i muri e li risolleva / per scavalcarli un’altra volta.”
Di Federica Cavalli
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- La Sicilia 2014.07.28
Cundari, memorie di un esiliato
di Federica Cavalli