Da Il Giornale dell’8 gennaio
La sociologia novecentesca ha prodotto molte teorie dirette a spiegare il funzionamento della società. Ridotte all’osso, le possiamo schematizzare in due opposti punti di vista sintetizzatili nelle interpretazioni di Emile Durkheim e di Max Weber. Il primo afferma che i fatti sociali sono modi di pensare, di sentire e di agire esterni all’individuo e dotatati di un potere di coazione in virtù del quale si impongono a esso; il secondo dichiara che si deve concepire la società come la somma delle azioni individuali. La raccolta di saggi Idee di libertà. Economia, diritto, società, curata da Nicola Iannello e Lorenzo Infantino (Rubbettino, pagg. 213, euro 13) sembra orientata a convergere in sostanza con l’interpretazione di Weber.
Il comune punto di riferimento dei vari autori è l’individualismo metodologico. Questo afferma che ogni azione umana ha in ultima analisi un carattere individuale, che qualunque situazione storico-sociale non è mai ottimale, dato che le risorse sono sempre scarse, e che ogni scelta formulata senza coercizione esprime un’inequivocabile dimostrazione di libera preferenza. Perciò tutti gli autori avversano le presunzioni del ceto politico che pretende di guidare dall’alto i processi sociali; si tratta di un costruttivismo razionalista pervaso dalla convinzione di poter imbrigliare la vita sociale, quando invece è destinato ogni volta a tradursi in un fallimento rispetto ai propositi messi in atto. Esso infatti non tiene conto della complessità dei fenomeni legati all’agire umano, i cui effetti inintenzionali sfuggono a ogni volontà preventiva di controllo e di direzione: è il mercato, infatti, e non la pianificazione che alla fine decide.
Di qui la conclusione: se si crede che spetti alla politica risolvere tutti i problemi, ne consegue il conferimento di un potere enorme alla politica stessa con il risultato di produrre sempre insuccessi. È necessario ripensare il rapporto tra potere e cittadini nella prospettiva di un superamento della logica politica per ridurre al minimo il ruolo del potere. Pertanto solo la cooperazione volontaria e spontanea, fondata sulla trama delle relazioni sociali quale forma razionale di libera interazione fra tutti i partecipanti, è in grado di risolvere i problemi. Solo questa cooperazione può dar vita a un ordine in cui gli individui possono contribuire a conseguire un assetto spontaneo in piena sintonia con le aspettative generali della società, sempre nell’ovvia consapevolezza che non si raggiungerà mai la perfezione, ma il perfettibile.
di Gampietro Berti
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