da La voce di Romagna – Rimini del 7 febbraio
Le quarantenni non vanno più in chiesa. La denuncia Armando Matteo è chiara ed è di quelle che non possono lasciarci indifferenti: le donne nate dopo il 1970 sembra che abbiano smarrito un fecondo e regolare rapporto con la fede e, soprattutto, con la pratica ecclesiale. Da questa data in poi, la crisi della frequenza ecclesiale e in generale del rapporto con la Chiesa, infatti, non conosce più “differenze di genere”: si dileguano tanto i maschi quanto le donne. Le nate in questione sono le figlie di un mutamento sociale e culturale sgorgato dal fenomeno Sessantotto che gli uomini di Chiesa fanno fatica ad assimilare e decifrare. Rispetto alle loro madri, queste giovani donne “vanno di meno in Chiesa, credono meno, hanno meno fiducia della Chiesa, si definiscono meno come cattoliche” ma, soprattutto, si autoconcepiscono come soggetti adulti, indipendenti, affrancate da un cliché sociale e culturale che le ha spesso relegate a ruoli di passività e docilità. Dunque, svincolate da legami col passato e con un certo diffuso immaginario sull’idea di donna, esse fanno fatica a trovare nella Chiesa cattolica un serio alleato per la loro emancipazione esistenziale, rompendo cosi un’alleanza durata secoli. La prima conseguenza negativa riguarda la trasmissione della fede, da sempre dovuta soprattutto all’influenza positiva delle donne anche in ambito familiare. L’autore pone la questione urgente di una “rottura secolare” che avviene per la prima volta tra le donne e la Chiesa. Servendosi delle severe analisi della scrittrice sarda Michela Murgia, infatti, Matteo mette a nudo un certo travisamento del culto mariano che avrebbe provocato la nascita di un’immagine di donna addomesticata, obbediente, docile, dedita sempre e solo al servizio dell’altro, disposta al sacrificio e perfino sottomessa. A ciò, si aggiunga un secondo punto nevralgico della crisi di questa relazione donna-Chiesa: la logica tutta maschilista di spartizione del potere ecclesiale che avrebbe avallato l’idea secondo cui all’uomo spetta l’amministrazione delle cose e alla donna il semplice servizio di cura delle cose intime. Chiosa cosi Armando Matteo: “Stando così le cose, non è difficile comprendere le ragioni della fuga delle quarantenni dalle nostre Chiese: è una protesta silenziosa al silenzio cui le vorrebbe costrette, per natura, la Chiesa stessa. La Chiesa dei maschi, si intende” . Come si può ricreare uno spazio per la fatica delle quarantenni? Troviamo qui il punto più originale e de-stabilizzante dell’analisi di Matteo: favorire che nella comunità, le visioni, i servizi e le relazioni, siano finalmente liberi dalle logiche del potere e imparino uguaglianza e libertà. Questo passa anche attraverso una maggiore responsabilità decisionale delle donne se è vero che “nella Chiesa sono responsabili di tutto ma non decidono praticamente di niente”; ma una simile svolta, invece che essere condotta con spirito di competizione femminista, dovrebbe incoraggiare un coinvolgimento più diretto delle donne e, magari, rompere il nesso tra potere, maschilismo e clericalismo.
di Stefano Andrini
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