Da Formiche.net del 2 luglio
Forse in pochi sanno che l’importo stimato del sostegno finanziario dell’Italia ai Paesi dell’Unione monetaria europea, nel 2014, si aggira intorno ai 61 miliardi e che l’Italia è stata, nel 2013, il terzo contributore dopo la Germania e la Francia. Questa riflessione è utile per mettere a fuoco impegni e responsabilità che l’appartenenza all’ue richiede, ma anche rivendicare, con maggiore consapevolezza, il ruolo non secondario del nostro Paese. Mentre imperversano, non solo in Italia, forti polemiche, spesso preconcette, sull’euro e sull’Europa, quando da noi si continuano a fare sacrifici anche con alte imposte, occorre razionalmente evitare i luoghi comuni e domandarsi quali correzioni possano essere costruttivamente poste in essere per sviluppare una nuova Europa più unita, solidale e vicina alle popolazioni.
Il progressivo consolidamento del disegno dell’Unione bancaria impone di riconoscere e affermare con decisione quanto l’Italia ha dato a questa Europa. Un esempio su cui riflettere è quello dell’esperienza sui sostegni finanziari ai Paesi dell’Unione monetaria europea. Al 2013 il contributo dell’Italia a sostegno di essi è risultato di 55,6 miliardi di euro, per 10 miliardi in prestiti, per 34,1 miliardi di euro attraverso il Fondo europeo di stabilità finanziaria – fesf – e per 11,5 attraverso il Meccanismo europeo di stabilità – esm. 66 A fine 2014 l’importo stimato del sostegno finanziario dell’Italia ai Paesi dell’Unione monetaria europea ammonta a circa 61 miliardi. Insomma, nel 2013 l’Italia è stata il terzo contributore, superata soltanto dalla Germania (con 77,3 miliardi di euro) e dalla Francia (58 miliardi di euro).
Cinque sono stati i Paesi che hanno ottenuto assistenza dai due fondi e hanno ricevuto più di quanto abbiano versato. L’Italia è stata solamente contribuente di tali fondi, senza aver utilizzato alcunché. Ciò evidenzia in modo più emblematico come, pur vivendo nel 2013 ancora una gravissima crisi, l’Unione monetaria europea è costata all’Italia, che non ha beneficiato di sostegni. Lo stesso scenario lo osserviamo nell’economia bancaria.
Il nuovo «fondo salvabanche» (Fondo di risoluzione europeo, srf) recentemente messo a punto dall’ue, non utilizzerà in alcun modo fondi pubblici, ma solamente risorse delle banche e dei rispettivi azionisti, obbligazionisti e depositanti. Insomma, il «salvabanche» seguirà l’esempio italiano di questi anni che non ha visto alcun soggetto pubblico nella Repubblica italiana versare anche un solo euro a favore di banche, tutte private e che hanno realizzato assai ingenti aumenti di capitale con benefici sia negli impegnativi «esami» europei del 2014, sia per favorire l’aumento dei prestiti a imprese e famiglie.
L’Europa è una conquista fondamentale da difendere con coraggio e decisione, ma non in modo acritico. Per realizzare una nuova Europa, per vedere riconosciuto il ruolo italiano è necessario quindi partire facendo un bilancio critico anche dell’esperienza realizzata da questi meccanismi e porre in essere le necessarie correzioni.
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