Il libro “Ecoshock – Come cambiare il destino dell’Italia al centro della crisi climatica” di Giuseppe Caporale si concentra sugli effetti sempre più gravi del surriscaldamento globale nell’area del Mediterraneo, una situazione che richiede contromisure non più derogabili
Titolare un libro non è affatto operazione banale perché quelle poche parole sulla copertina, oltre che risultare a volte decisive per la scelta d’acquisto, orientano spesso “l’umore” di chi si accinge alla lettura. Giuseppe Caporale, il giornalista autore di “Ecoshock – Come cambiare il destino dell’Italia al centro della crisi climatica” (Rubbettino editore, 274 pag.), ha scelto toni forti come biglietto da visita, con la transizione energetica intesa, ancor più che come straordinaria opportunità, quale urgente rimedio a situazioni potenzialmente catastrofiche che riguardano da vicino, molto più di quanto comunemente si pensi, anche il nostro Paese.
Ecoshock: i 7 capitoli del libro tra minacce e rimedi
Un titolo, addentrandosi poi nel racconto, che non risulta affatto una forzatura rispetto ai contenuti, dato che oltre la metà del libro si concentra su pericoli, minacce e dissesti provocati dal cambiamento climatico, salvo poi esporre le strategie a disposizione per evitare il peggio. Un’impostazione resa subito molto chiara dall’elenco dei sette capitoli del libro Ecoshock:
- Non si torna più indietro
- Dove farà più male
- Scusate il ritardo
- Il disastro è un’equazione
- Addio monti
- Prevenire è proteggere
- Tra ambiente e lavoro: un equilibrio necessario
La tragedia della Marmolada
Il primo capitolo del libro Ecoshock inizia ricordandoci una tragedia, quella del cedimento del ghiacciaio sulla Marmolada che l’anno scorso provocò la morte di undici persone. Un evento di cui l’autore si occupò in prima persona, recandosi sul posto e parlando con i sopravvissuti che avevano ancora negli occhi quei blocchi di ghiaccio “grandi come camper” che straziarono tanti corpi. E fra le reazioni che si possono avere di fronte ad un tale disastro, quella assolutamente sbagliata è parlare di fatalità. Vale, piuttosto, il monito di Vanda Bonardo, la presidente della CIPRA (la Commissione Internazionale non governativa per la Protezione delle Alpi): “Questo della Marmolada non è un incidente qualsiasi per il quale ci sono le dovute condoglianze e poi si volta pagina… Siamo solo agli inizi”.
Nel libro il dramma della Marmolada rappresenta una sorta di italiana porta d’ingresso nel mondo del ventunesimo secolo, dove le tante minacce che si accumulano a causa del cambiamento climatico si trasformano con crescente frequenza in tragedie reali che solo i professionisti del negazionismo continuano a definire come “calamità naturali”.
Ma attenzione, il fatto che si parta da un evento accaduto nel nostro Paese non è affatto una scelta dovuta alla nazionalità dell’autore. Caporale, infatti, fa una riflessione per nulla scontata: “Il Mare Nostrum, e in particolar modo la nostra penisola, sono potenzialmente al centro della tempesta perfetta”. Questo perché “il bacino del Mediterraneo evidenzia sempre più le sinistre caratteristiche da hot spot, con segnali di cambiamento climatico anche più rapido e profondo rispetto alla media dei trend dell’intero pianeta”.
Attenzione al mare
L’inquietante “italianità” del cambiamento viene circostanziata nel capitolo successivo, dove uno scenario solitamente affascinante, quello delle acque marine che lambiscono lo Stivale per migliaia di chilometri, assume tutt’altra valenza… A descrivere la possibile entità di una futura catastrofe ci sono le parole di Giulio Boccaletti, ricercatore dell’Università di Oxford: “Se i Paesi del mondo fossero così folli da lasciare aumentare senza freno le concentrazioni atmosferiche di gas a forte opacità all’infrarosso, come l’anidride carbonica, si sa che i ghiacciai della Groenlandia e dell’Antartide potrebbero collassare. In questo caso, evenienza allo stato attuale ancora improbabile ma non impossibile, il livello del mare si innalzerebbe abbastanza da sommergere la pianura padana fino a Piacenza”.
Ma ovviamente non ci sarebbe soltanto la pianura padana ad essere oggetto delle “attenzioni” del cambiamento climatico, e l’autore riporta un impressionante elenco delle zone costiere italiane che diverrebbero un progressivo bersaglio dell’innalzamento del mare. “Sommando la superficie delle zone costiere – si legge – l’estensione totale a rischio inondazione è di 5686,4 chilometri quadrati, pari a una regione come la Liguria. Inoltre, per il 2100 l’innalzamento del livello del mare nei principali porti è stimato intorno a un metro. I picchi sono previsti a Venezia (+1,064 metri), Napoli (+1,040 metri), Cagliari (+1,033 metri), Palermo (+1,028 metri) e Brindisi (+1,028 metri)”.
Il dissesto idrogeologico
Ma l’acqua può purtroppo trasformarsi in una minaccia anche in altre modalità, e qui l’autore ricorda le alluvioni che con frequenza crescente flagellano il nostro Paese. E non a caso – aggiungiamo noi – per quanto di fresca scrittura il libro non arriva a parlare del disastro più recente, quello causato in primavera dalle piogge torrenziali in Emilia-Romagna. “Tutto porta a ritenere – è la riflessione – che la precarietà idrogeologica, la siccità e la violenza episodica delle precipitazioni costituiscano ormai una condizione endemica del nostro territorio”.
Ed anche in questo caso se c’è una parola da evitare è fatalità. Al riguardo, un esempio fra i tanti è quello della Marche, con la Coldiretti che denuncia come nello spazio di una generazione è scomparso più di un terreno agricolo su quattro, a causa dell’abbandono delle campagne e della cementificazione. Due fattori che hanno ridotto la capacità di assorbimento della pioggia e messo così a rischio l’ambiente e la sicurezza dei cittadini.
L’andamento delle precipitazioni atmosferiche fornisce poi un’ulteriore conferma della specificità del cambiamento climatico nel Mediterraneo. Infatti, le rilevazioni più recenti mostrano come le aree italiane più esposte al rischio di precipitazioni estreme stiano diventando quelle del Centro-Sud. E i motivi sono appunto da ricercarsi nel progressivo riscaldamento del mare. Nel libro si riporta l’esempio delle forti piogge che nel novembre dell’anno scorso colpirono soprattutto la Campania causando una frana a Ischia che fece 12 vittime. Un evento, come spiega il meteorologo Sante Laviola, “provocato da un ciclone di bassa pressione localizzato nel centro del Mediterraneo”.
L’importanza delle prevenzione
“Adattamento significa anticipare gli effetti avversi dei cambiamenti climatici e adottare misure adeguate a prevenire o ridurre al minimo i danni che possono causare oppure sfruttare le opportunità che possono presentarsi”. È un estratto della versione aggiornata del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC) che l’autore riporta nella seconda parte del libro Ecoshock, quella che si occupa delle strategie e delle azioni da mettere in atto per rispondere a quella che minaccia di trasformarsi in una perdurante emergenza. Adattamento, dunque, è la parola chiave, e le misure per realizzarlo si articolano in livelli differenti.
L’autore, quindi, individua varie componenti necessarie in questo processo di adattamento – da una strategia di sicurezza idrica ad un ripensamento “climatico” delle coltivazioni agricole -, compresa una che in un Paese come il nostro, dove l’individualismo spesso sfocia nell’egoismo, appare problematica: “Il consolidamento di un Paese consapevole e resiliente in materia di riscaldamento globale e cambiamento climatico si ottiene anche attraverso un percorso informativo ed “etico”, non solo a livello istituzionale ma della società tutta, in particolare individuando nell’educazione dei più giovani l’efficacia delle azioni politiche svolte a un miglioramento delle condizioni socio-economiche, alla tutela dell’ambiente e del territorio, al benessere diffuso”.
L’economia di fronte a un bivio
Un cavallo di battaglia di coloro che remano contro le misure necessarie per arginare il cambiamento climatico, in primis la transizione energetica, è rappresentato dai grandi danni economici ed occupazionali che sarebbero provocati da questi processi. Una tesi che Caporale affronta, per così dire, di petto: “Lo shock climatico è anche una questione di soldi. Soprattutto di soldi persi. Le cifre che vengono fuori da un recente rapporto di Deloitte, il Global Turning Point Report 2022, sono impressionanti: l’inerzia nei confronti dei cambiamenti del clima potrebbe costare all’economia globale ben 178 trilioni di dollari nei prossimi 50 anni, con una perdita media annua del pil che nel 2070, rispetto a uno scenario non sottoposto a un simile condizionamento, si assesterebbe sul -7,6%. Viceversa, accelerando in modo deciso il processo di decarbonizzazione, l’economia globale potrebbe guadagnare 43 trilioni di dollari nei prossimi cinque decenni”.
Si arriva così alle conclusioni che, coerentemente con l’impianto del libro Ecoshock, l’autore coniuga soprattutto nell’ottica del nostro Paese: “La realtà è che non possiamo più nasconderci, che siamo obbligati a cercare soluzioni più in fretta degli altri, prigionieri come siamo della nostra condizione geografica. Ci vogliono idee e coraggio, contro ogni capziosa obiezione”. Ed ancora: “Quella che ci aspetta è una rivoluzione che deve partire dalle nostre teste, dentro di noi. L’Italia, che ha alle spalle grandi colpe e ora grandi rischi davanti, per la sua gente e per il suo patrimonio paesaggistico e culturale inestimabile deve cogliere quest’opportunità”.