Da Il Giornale del 9 settembre
È stupefacente constatare che i mali che affliggono l’Italia di oggi siano quelli che affliggevano l’Italia di sessant’anni fa: parassitismo, assistenzialismo coatto, spreco stupido e criminale delle risorse pubbliche. Tra i pochi che allora denunciavano, inascoltati, questo insieme di sventure va ricordato Ernesto Rossi, del quale l’editore Rubbettino pubblica ora un’antologia di scritti: Breviario di un liberista eretico (pagg. 112, euro 10). Allievo di Gaetano Salvemini, militante di Giustizia e Libertà, confinato come antifascista a Ventotene – dove scriverà insieme ad Altiero Spinelli il manifesto europeista e federalista – Rossi (1897-1967) è stato una figura significativa di quell’Italia laica e liberale che ebbe poca fortuna nel secondo dopoguerra.
Come combattere i mali di cui si diceva? C’è solo un modo, secondo Rossi: con la ricetta liberista, una ricetta che non faccia sconti a nessuno, tanto alla Confindustria, quanto ai sindacati, al mondo politico come alla società civile, alle istituzioni pubbliche come a quelle private.
Vanno combattutele rendite di posizione, le diseguaglianze nelle opportunità e soprattutto la burocrazia, «il cancro che divora l’Italia».
È necessaria una cura forte di libero mercato che favorisca la gara degli egoismi. Insomma, esattamente il contrario del collettivismo, di cui Rossi ci offre questo inappellabile ritratto: «una volta che la società fosse organizzata in modo da assicurare allo Stato il monopolio completo di tutti gli strumenti di produzione, spetterebbe alla classe governante di determinarne l’impiego secondo piani generali, e ciò implica che essa dovrebbe stabilire la quantità e la qualità dei beni che i consumatori potrebbero trovare sul mercato, quanti e quali giovani andrebbero addestrati, e come andrebbero addestrati nelle varie professioni, chi dovrebbe compiere i diversi lavori, come, quando, in che modo e con quali compensi. Al singolo resterebbero ben poche opportunità di foggiare il proprio destino secondo le sue forze e di suoi desideri. Penserebbero altri a prendere per lui le decisioni più importanti della sua vita. Lo Stato diventerebbe il Leviatano biblico: il mostro che inghiottiva gli uomini senza nemmeno accorgersene». Prediche inutili, come allora avrebbe detto, inascoltato anche lui, Luigi Einaudi.
di Giampietro Berti
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