Da Libero Quotidiano del 22 luglio
Bellissima Italia! Figlia dell’indifferenza, delle priorità non riconosciute. Nei crolli a Pompei, in ogni affresco che si sgretola nel silenzio, in ogni colonna che crolla a terra; nella superficialità, in ogni antica chiesa abbandonata e vandalizzata, in ogni tempio romano avvolto da siringhe e spazzatura, si ammutolisce la lingua che sussurra di noi nei secoli, si disintegra un pezzo della nostra millenaria identità. Bene culturale, croce e delizia nazionale. Se n’è accorto persino l’Istat, che nel Bes 2014 scrive: «L’Italia detiene uno straordinario patrimonio culturale e paesaggistico, che non tutela e valorizza adeguatamente, confermandosi come uno dei paesi meno generosi d’Europa nel finanziamento della cultura».
Così, il nostro patrimonio per indifferenza, speculazione o incapacità di comprenderne la maestosa grandezza, rischia di trasformarsi da eredità comune a indesiderato accollo. Nella terra dei 33 “tesori” ogni 100 km, (Istat 2013), in cui poco meno della metà (il 46,9%) del territorio nazionale pullula di aree sottoposte a vincolo di tutela dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, la gestione e lo sfruttamento positivo del patrimonio artistico e culturale italiano non sembrano essere una priorità. Da un lato, ricaviamo dall’industria turistica meno della Germania o della Gran Bretagna sia in termini di occupati sia di soldi – come riporta il Corriere della Sera analizzando dati del Wttc, il World Travel and Tourism Council – piazzandoci ottavi dietro al Messico per contributo del turismo puro al Pil (76,3%), dall’altro deteniamo il più alto numero in assoluto 0di siti Unesco, ben 49.
Eppure c’è qualcosa che non torna: «Negli oltre 200 siti archeologici vanno una media di 10,22 visitatori al giorno. I musei non sono pizzerie. Ma cosa succederebbe ad una pizzeria se facesse solo 10,22 pizze, 11 pizze al giorno? Chiuderebbe dopo un mese». Parola di Luca Nannipieri, storico dell’arte e paladino di quella bella Italia che si ribella alla decadenza. Grazie a lui, la Bellissima Italia! (Rubbettino/Rai ERI, pp. 187, euro 14) è pronta a mostrarsi nuda e struccata: «Dove non ci sono soldi, dove non c’è sfarzo, […] e telecamere accese, dove non ci sono politici, ministri e volti televisivi, noi dobbiamo esserci. Il nemico più grave contro la bellezza del nostro patrimonio in forte degrado è l’indifferenza». Accantonati gli stereotipi, Nannipieri attraversa splendori e miserie del patrimonio artistico nazionale. Nessun manualetto per viaggiatori, si badi bene: «Questo libro non è una guida turistica. Non siamo turisti quando guardiamo e scopriamo l’incredibile, disseminato e spesso maltenuto patrimonio storico-artistico del Paese», piuttosto un percorso dalla meta definita, che diventa un appello alla più intima coscienza nazionale: «Quando camminiamo per le città ma anche quando passiamo davanti a un palazzo storico che sta crollando, quando leggiamo che dei tombaroli hanno vandalizzato una necropoli strappandone gli arredi funerari, dobbiamo capire che tutto questo patrimonio è nostro, tutto questo ci appartiene, tutto è li per noi. Ne siamo tenutari, la storia ce lo ha dato». Un saggio avventuroso, un affresco-verista, che analizza, in 33 capitoli, la gestione del grande patrimonio artistico nazionale: dalla Calabria selvaggia narrata da Giorgio Bocca, all’Aquila, città fantasma dopo il terremoto; dalla Tuscia viterbese, capitale nascosta dell’arte, alla Roma delle case museo degli artisti e alle sconosciute e spesso mal conservate chiese romaniche attorno Pisa. Un lavoro che svela la bellezza e condanna la miseria, la mala gestione di quello che è tesoro d’Italia, come le Terme del Corallo di Livorno, per citare uno dei tanti esempi contenuti nel libro, dalle rilevanti architetture liberty dei primi anni del ‘900, oggi regno di vandali, spacciatori e prostitute.
Ma allora, perché l’Italia non riesce a considerare una priorità il patrimonio culturale? «Nell’Ottocento c’era chi investiva nella macchina e chi invece investiva sulla biada da dare ai cavalli. Il futuro era la macchina, non i cavalli, ma all’epoca non fu capito subito. Ecco sull’arte», spiega Nannipieri, «siamo allo stesso punto: ci sono ancora oggi tante persone che pensano che il futuro sia nella biada e nei cavalli. Prendi un qualsiasi Ministro o Presidente Commissione Cultura del Parlamento. Quasi mai parla di cultura come fatturazione, profitto, attrazione internazionale, nanotecnologie applicate ai beni culturali. Perché? Perché loro pensano ancora alla biada».
Una battaglia da vincere, quindi, contro l’indifferenza, la mentalità provinciale e la speculazione criminale: «La vera rivoluzione sull’arte la stanno facendo i criminali. Hanno capito che molti luoghi monumentali sono indisturbati. Puoi razziare, spacciare, smerciare roba contraffatta, e nessuno ti disturba. Possiamo tacere tutto questo?». Un libro che esce in concomitanza con delle polemiche: «Per un anno ho presentato su Rai 1, al “Caffè” di UnoMattina, una rubrica sull’arte, così Rai Eri ha deciso di farne un libro con Rubbettino. Ma siccome nel frattempo sono diventato assessore alla Cultura a Cascina (Pistoia), in una giunta leghista dopo 70 anni di sinistra, non ho ricevuto più una telefonata dalla Rai. E il libro è sparito dalla tv pubblica. Casualità?».
di Emanuele Ricucci
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