Da Ansa.it del 20 marzo
“Il giornalismo è una industria e deve essere tale, deve mirare a guadagnare, è più che giusto e più che naturale che miri al guadagno. Ma in questa industria entra un elemento specialissimo che manca affatto alle altre, che è l’elemento morale. Il giornale non è un articolo che tocchi soltanto a chi lo compra, è un articolo che per mezzo di chi lo compra, tocca tutta la comunità”. Così scriveva su “Il Secolo”, il quotidiano democratico rivale del Corriere della Sera di Albertini, Mario Borsa, nel 1909. Borsa fu il primo direttore del Corriere della Sera dopo il 25 aprile del 1945, messo a via Solferino dal Cln. L’estratto è ricavato dal libro della storica abruzzese Alessandra De Nicola “La libertà di stampa è tutto. Mario Borsa, 50 anni di giornalismo democratico”, ossia biografia storica e contemporaneamente politica di Borsa, edita da Rubbettino (358 pagine, 19,00 euro). Corrispondente in Inghilterra all’inizio del ‘900, antifascista militante liberale azionista, conferma delle sue qualità umane e professionali con la direzione del Corsera, su indicazione di Ferruccio Parri.
Nato nella bassa Lodigiana nel 1870, giornalista a Il Secolo, organo borghese radical-democratica interventista nel 1915, e che il fascismo chiuderà. Figura di primo piano di opposizione al Regime, scriverà nel 1924, dopo l’omicidio di Matteotti, un libro cult quale “La Libertà di Stampa”, che divenne vademecum per il giornalismo d’opposizione. Sopravviverà al Ventennio collaborando col Times, emarginato e spiato dal regime e persino mandato al confino a Vasto (Chieti) nel 1940.
“E’ nata la Repubblica”, lo storico titolo del Corsera dopo il 2 giugno 1946 porta la sua firma come direttore, coronamento di una lunga carriera il cui epitaffio è “La libertà di stampa è tutto: è inutile parlare di libertà di coscienza, di libertà di riunione, di guarantigie costituzionali, di istituzioni parlamentari, di indipendenza della magistratura, di purezza dell’amministrazione pubblica se non si mette a base di tutto ciò la libertà di stampa, cioè la libertà di pensare, di scrivere, di controllare, di criticare, di correggere, di consigliare e occorrendo di denunciare. Se il pubblico italiano non fosse stato politicamente quello che è, lo dovremmo vedere scendere nelle piazze a protestare insieme coi giornalisti e più dei giornalisti, contro questi attentati alla libertà di stampa”.
di Luca Prosperi
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