Da Il Corriere della Sera – 30 agosto 2012
I due studiosi approfittano di pubblicazioni celebrative per ribadire i loro amichevoli dissensi su Hayek e sul cristianesimo
Quando l’amicizia e la stima sono ben salde, come nel caso del filosofo Dario Antiseri e del sociologo Luciano Pellicani, i dissensi, anche profondi, non le incrinano. Semmai le rafforzano. E persino occasioni celebrative possono fornire lo spunto per un’animata discussione a distanza. Lo dimostrano due grossi volumi editi di recente da Rubbettino. Un austriaco in Italia, a cura di Raffaele De Mucci e Kurt R. Leube (pagine 897, € 39), comprende una serie di testi che rendono omaggio ad Antiseri. E l’analoga raccolta Studi in onore di Luciano Pellicani, a cura di Sebastiano Maffettone e Alessandro Orsini (pagine 423, € 25) celebra l’opera dell’ex direttore della rivista socialista «MondOperaio», in occasione del suo pensionamento dopo trent’anni di docenza alla Luiss «Guido Carli» di Roma. Di solito queste pubblicazioni hanno un carattere prevalentemente encomiastico, anche se non di rado includono saggi pregevoli.
La curiosità, nel caso specifico, è che il volume in onore di Antiseri, cui va tra l’altro il merito di aver diffuso in Italia le idee della scuola liberale austriaca delle scienze sociali (di qui il titolo del libro), contiene un intervento di Pellicani molto critico verso il premio Nobel Friedrich August von Hayek (1899-1992), che di quel filone è forse l’esponente più noto. A sua volta Antiseri ha scritto per il volume in onore di Pellicani, noto come ispiratore ideologico del riformismo craxiano, un contributo piuttosto polemico, nel quale riassume ciò che lo divide dall’amico e collega.
Insomma, i due studiosi si rendono omaggio a vicenda, come si conviene tra accademici di rango, ma lo fanno rinfocolando apertamente i reciproci dissidi, in parte già esposti vent’anni fa in un libro a quattro mani pubblicato da Antiseri e Pellicani con il titolo L’individualismo metodologico. Una polemica sul mestiere dello scienziato sociale (Franco Angeli). Nel merito Pellicani giudica incoerente Hayek, uno studioso che per Antiseri è un autentico faro. E perché? Perché da una parte l’autore austriaco propone un modello di società fondato solo sul libero scambio
tra individui, quindi (sono parole di Hayek) «inconciliabile con la solidarietà intesa come unità nel perseguimento di obiettivi comuni conosciuti». Insomma, per lui la giustizia sociale è un pericoloso miraggio, che mette a rischio la libertà, e al tempo stesso un arcaico residuo tribale.
Tuttavia Hayek finisce per ammettere l’intervento del governo allo scopo di garantire un reddito minimo ai più deboli, il che si può giustificare, sottolinea Pellicani, solo in base a «qualche principio di giustizia sociale e di solidarietà».
Dal canto suo Antiseri ribadisce, criticando il collega, le ragioni dell’individualismo metodologico. A suo avviso non esiste alcun «potere impersonale» esterno ai singoli, un concetto caro a Pellicani, che abbia rilievo per le scienze sociali, poiché ogni comportamento collettivo deve essere ricondotto alle azioni degli individui che lo pongono in essere.
Tuttavia il punto più interessante del dibattito – evocato nell’ironico titolo dell’intervento di Antiseri: Domande di un «eremita umbro» al «neo-pagano» Luciano Pellicani – riguarda il ruolo della religione cristiana nel processo di modernizzazione dell’Occidente. Pellicani, nel saggio Le radici pagane dell’Europa (uscito da Rubbettino nel 2007), afferma che la rivoluzione scientifica e l’Illuminismo hanno spodestato la Chiesa dal suo primato spirituale e prodotto una sorta di ritorno alla cultura della classicità ellenica e romana, che non conosceva dogmi teologici, né libri sacri, né clero. Antiseri ribatte ricordando che un gran numero di illustri scienziati, da Galileo Galilei a Louis Pasteur, si professavano (e si professano) credenti nel Dio dei Vangeli. A suo avviso la stessa secolarizzazione non è affatto una negazione del cristianesimo, ma al contrario una sua conseguenza, che inoltre ha consentito la «purificazione» della fede. Garbato e cavalleresco, ma non privo di asperità, il duello continua.
Di Antonio Carioti
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