In questi ultimi giorni, anche in virtù di quanto emerso nel dibattito politico intorno alle parole e all’opera pastorale dell’attuale Pontefice, ho rispolverato dallo scaffale un libro di Dario Antiseri del 2010.
Infatti, la tendenza degli ultimi tempi è quella di sacrificare la storia e la memoria per concentrarsi – invece – su Matteo Salvini. Si è diffusa, tra i commentatori e anche per volontà dello stesso ministro dell’Interno, una sorta di ossessione per il leader della Lega che ha monopolizzato, volente o nolente, quasi tutto il dibattito politico accentrando l’interesse degli opinionisti soltanto su di sé.
Ecco perché qui vorrei scrivere di altro. Vorrei solleticare un interesse per i cattolici liberali.
“Ciò che unisce tra loro il pensiero dei cattolici liberali italiani è l’idea di persona libera e responsabile”. È forse questa la frase che meglio sintetizza l’affascinante complessità della lunga tradizione “politica” dei cattolici italiani negli ultimi due secoli. Il tema, del resto, non sembra aver esaurito la propria spinta propulsiva né, tantomeno, la specifica forza dirompente all’interno dello scenario politico nazionale. Nemmeno dopo quasi 160 anni dall’Unità d’Italia, nemmeno dopo le conquiste del Novecento, nemmeno ora che si è aperto il terzo millennio. La questione, insomma, è rimasta viva durante tutte le stagioni che hanno attraversato la storia contemporanea ed è ancora in divenire, e resta sempre attuale.
Il pensiero cattolico dei liberali italiani è stato recentemente affrontato e descritto, in maniera agevole e fluida, dallo studioso Dario Antiseri attraverso la pubblicazione di un suo prezioso pamphlet intitolato “Il liberalismo cattolico italiano” (Rubbettino, pp. 146, anno 2010, euro 8). La storia raccontata in questo libro di Antiseri, intelligentemente raccolta in un fruibile formato tascabile, affonda nei testi, nelle biografie e nelle personalità più importanti della tradizione cattolico-liberale italiana che va, appunto, come recita il sottotitolo, “dal Risorgimento ai nostri giorni”.
Tra i nomi dei protagonisti di questa carrellata vanno segnalati senz’altro Antonio Rosmini, Vincenzo Gioberti, Alessandro Manzoni, Romolo Murri, don Sturzo. Oltre, ovviamente, Luigi Taparelli d’Azeglio, Gioacchino Ventura, Raffaello Lambruschini e Angelo Tosato. A cui si aggiunge, non a caso, l’apporto dato da Luigi Einaudi, uomo politico allo stesso tempo liberale e cattolico, che era solito mettere in guardia i suoi lettori dalle falsità e dalle distorsioni che il pensiero e l’azione liberale continuamente dovevano subire da parte dei suoi più acerrimi avversari. Una manipolazione sistematica della parola “liberale” che, purtroppo, a quanto pare, prosegue ancora oggi.
A tal proposito, Dario Antiseri riporta nel suo libro quel passo in cui Luigi Einaudi denuncia come falsa l’idea “che i liberali siano fautori dello Stato assente”. E poi prosegue: “Che Adam Smith sia il campione assoluto del lasciar fare e lasciar passare sono bugie… ma, per essere grosse, sono ripetute dalla più parte dei politici” che in più, evidentemente, non sapevano e non sanno in che cosa consista il pensiero liberale. E di conseguenza non conoscono la storia o il pensiero dei cattolici liberali.
Come non ricordare, perciò, Alessandro Manzoni quando, in una lettera del 28 febbraio 1848, indirizzata ad Antonio Rosmini, scrisse: “Io laico in tutti i sensi”, sottolineando così il suo voler rivendicare a se stesso e agli altri un approccio laico rispetto alla sua fede cattolica e, quindi, la possibilità di far convivere in armonia questa compresenza interiore dettata dalla convinzione che l’uomo non è “nato libero”, come sosteneva Rousseau, ma deve conquistarsi la propria libertà anche rispetto alla corruzione e all’oppressione dello Stato o della Chiesa. E seguendo questo filo rosso, Antiseri prosegue il suo viaggio valorizzando e rafforzando la tesi secondo cui “la vera libertà – come affermava Luigi Taparelli D’Azeglio – anche nell’economia, non istà nella libertà delle passioni, ma nella sicurezza dei diritti”.
L’autore, inoltre, ricorda come Rosmini, da parte sua, asseriva spesso che “le persone sono principio e fine dello Stato” e che “la proprietà privata è uno strumento di difesa della persona dall’invadenza dello Stato”. Per poi, ovviamente, scagliarsi contro gli assolutismi ideologici o statalisti attraverso la critica al cosiddetto “perfettismo”. Perché, affermava il filosofo Antonio Rosmini, “il perfettismo è effetto dell’ignoranza e frutto di un ‘baldanzoso pregiudizio’. Il perfettista ignora il principio ontologico della limitazione delle cose”. A una tale linea di pensiero si ricollega, ancora una volta, per esempio, il ragionamento di Einaudi quando scrive che “l’unica garanzia di salvezza contro l’errore, contro il disastro, dunque, non è la dittatura; ma è la discussione”. Perché la verità “non è mai sicura in se stessa, se non in quanto permette al principio opposto di contrastarla e di cercare di dimostrarne il vizio”. Insomma, per sintetizzare, Einaudi invitava sempre a “conoscere per deliberare”.
Tra i tanti nomi presenti nel libro, comunque, spicca quello di Luigi Sturzo che, al suo rientro in Italia, dopo la Seconda guerra mondiale, in virtù dell’esperienza e delle conoscenze acquisite in Inghilterra e negli Usa, accentuò il suo carattere di difensore della libertà “per tutti e sempre”. E si prodigò per spiegare, in tutte le sedi politiche, che “lo statalismo non risolve mai i problemi economici e per di più impoverisce le risorse nazionali; complica le attività individuali, non solo nella vita materiale e degli affari, ma anche nella vita dello spirito”. E poi, ancora, Gioberti, Ventura e Lambruschini. Un susseguirsi coerente e lineare degli uomini che hanno fatto la storia del pensiero e dell’azione cattolico-liberale. Soprattutto Manzoni e Rosmini, i due principali punti di riferimento per molti di loro. Ed è proprio Rosmini che riesce a spiegare il “metodo” attraverso cui, non solo è possibile e realizzabile, ma è addirittura necessario, concretizzare l’incontro tra il pensiero liberale e la migliore tradizione cattolica. In modo che, finalmente, “a forza di ragionare insieme non si giunge a convincersi che in molte cose già si conviene senza saperlo, le sole espressioni, le sole forme variando, non il pensiero ultimo che è uguale”.
Nel libro di Dario Antiseri, insomma, si ritrovano molte delle idee e degli insegnamenti che si ascoltano anche negli ambienti laici. Come l’idea espressa esplicitamente da Rosmini secondo cui “gli individui non si possono intendere, se non parlano molto fra loro; se non si comunicano a lungo, di continuo, i propri individuali sentimenti; se le idee imperfette dei singoli non ricevono perfezione dallo scontro con le idee di tutti”.
Non vi sembra un tema di enorme attualità?
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