Da Il Corriere della Calabria del 4 maggio
Te lo do io il complotto! Chi ci crede, alle trame ordite da poteri occulti, ubiqui e onnipotenti, è affetto «da paranoia e da mania di persecuzione. E da un elemento di frustrazione che dipende da un dato: non voler ammettere che nel mondo le cose accadono indipendentemente dalla nostra volontà». È una fase di stanca per la nostra (o “loro”, tanto per stare in tema) Repubblica. Quindi, la sindrome del complottismo ci sta. Tutta. E chi più ne ha più ne metta.
L’IDEA DEL COMPLOTTO RASSERENA ANIME INQUIETE
Ma i primi a essere cacciati sul banco dei reprobi sono «la massoneria, i gesuiti, la finanzia internazionale, i servizi segreti, gli ebrei. Pensiamo ai “Protocolli dei Savi anziani di Sion”, il libro culto del cospirazionismo mondiale: un falso di proporzioni enormi a cui ancora si dà credito, perché dal punto di vista dei complottisti non si bada alla verità, ma alla verosimiglianza». Tutto fa “plot”. L’idea del complotto pacifica le anime più inquiete e, perché no?, vivacizza un dibattito altrimenti unto, bisunto e uggioso. Copre le lacune di chi s’affanna a venire a capo d’intrighi che annichiliscono la democrazia ma non ne cava un bel nulla.
“CONGIURE E COMPLOTTI”: UN LIBRO PER SMONTARLI
Giovedì a Catanzaro, nella Biblioteca comunale “De Nobili”, Alessandro Campi, politologo, docente di Storia delle dottrine politiche all’Università di Perugia e direttore della “Rivista di Politica”, ma soprattutto “pensiero forte” per la stremata destra italiana, discuterà di “Congiure e complotti. Da Machiavelli a Beppe Grillo”, che è il titolo del suo ultimo libro. Catanzarese per nascita, Campi aborre complotti e congiure: «Penso alle scie chimiche. Per quale ragione i potenti della terra dovrebbero avvelenare l’aria che respiriamo dal momento che è la stessa aria che respirano loro? O all’attentato alle Torri Gemelle del 2001: come credere che gli Stati Uniti avessero bisogno di uccidere tremila cittadini e abbattere i due simboli di New York per avere il pretesto di fare la guerra all’Iraq?». Ma il professore ne ha anche per la magistratura: «Talvolta si è cercato di dare corpo ad alcune fantasie complottiste, andando alla ricerca di “cupole politiche”, del “grande vecchio”, e si è sempre fatto cilecca».
L’ITALIA INCLINE A COMPLOTTISMO E DIETROLOGIA
Torniamo all’Italia: «È un Paese incline al complottismo, alla dietrologia, persino alla misteriologia. La schiera dei sospettosi, degli uomini saggi che non la bevono s’infittisce sempre più. Il cospirazionismo è un esercizio mentale diffuso. Il maniaco delle trame è ormai un tipo umano comune». C’è una passione per i complotti, via! Non da oggi, per il malessere da globalizzazione che popola la rete di congiure e misfatti alle spalle dell’inerme civis. Il complotto ha un cuore antico: chi non ricorda le cospirazioni degli dei nell’Olimpo? E l’assassinio di Cesare? Passione non solo italica, ma qui è effervescente. Quasi una moda culturale ad uso e consumo dei media. Perché? «La spiegazione è che il complottismo è autoassolutorio, gratificante e inattaccabile, oltre a trovare il sostegno di molta stampa e di alcuni movimenti politici».
STAMPA E CINEMA CI SGUAZZANO SUL POTERE “DOPPIO”
Già, stampa e cinema. Dice Campi: «Le piste complottiste creano curiosità morbosa e fanno vendere. I complotti sono suggestivi e si prestano ad alimentare tutte le peggiori fantasie sul potere. E la stampa ci sguazza. Anche il cinema di Hollywood: pensiamo ai grandi film che hanno alimentato la paranoia complottista: la versione dell’uccisione di Kennedy data da Oliver Stone in JFK. O film di cassetta: “Ipotesi di complotto”, “Nemico pubblico”». Complotti e congiure tuttavia non sono argomento nuovo per l’ex direttore scientifico di “Fare futuro” (la fondazione di Fini in auge) e non è un modo per dir male di movimenti politici col vento in poppa che sfuggono alle categorie tradizionali della politica. In effetti, Campi ha già pubblicato nel 2014 un volume intitolato “Sulle congiure”, in cui ha chiosato tutti i brani delle opere di Niccolò Machiavelli dedicati alle cospirazioni antiche e rinascimentali ed ha dedicato alcuni corsi universitari all’Italia «malata di complottismo». Spiega: «È la cultura popolare di massa che appare sempre più impregnata di una visione della storia e della politica pronta ad enfatizzare il ruolo dei poteri occulti o segreti. La vita pubblica delle grandi democrazie appare, agli occhi di una quota crescente di cittadini, avvolta da una coltre di mistero. Il potere viene percepito come qualcosa di distante e impenetrabile».
IL COMPLOTTISMO MENTALITÀ PERICOLOSA PER LA DEMOCRAZIA
Ma qual è il rischio che preoccupa gli analisti dal palato fine come Campi? «Il complottismo è una mentalità pericolosa per la vita democratica. Diffonde l’idea che nulla di ciò che appare è reale o veritiero. C’è sempre un lato nascosto o in ombra da scoprire o portare alla luce. Tutto ciò produce una diffidenza nei confronti delle istituzioni che rischia di essere letale per la vita civile di qualunque Paese». Addirittura? Complotti e congiure alla base del declino della civiltà? «Non scherziamo. E poi c’è differenza tra complotti e congiure». Quale? «Le congiure sono un fatto storico reale, messe in opera da soggetti concreti. Hanno una finalità politica, si svolgono in contesti determinati. I complotti, al contrario, quanto più tentano di spiegare eventi tragici, tanto più si risolvono in costruzioni fantastiche che, ansiose di fornire spiegazioni a tutto, chiamando in causa la responsabilità di soggettivi collettivi astratti, non spiegano nulla. Riescono, al massimo, ad individuare un qualche capro espiatorio sul quale addossare la colpa di fatti che non riusciamo a spiegare».
230 PAGINE DEDICATE A UMBERTO ECO
Il libro, 230 pagine, mette assieme contributi di Raoul Girardet (storico francese), Richard Hofstadter (intellettuale statunitense), Roberto Valle (docente di Storia dell’Europa orientale presso la Facoltà di Scienze Politiche alla “Sapienza”), Valter Coralluzzo (professore di Scienza Politica a Torino) ed è curato da Campi e dal giornalista Leonardo Varasano che collabora con la cattedra di Storia delle dottrine politiche all’Università di Perugia. E indovinate a chi è dedicato? Naturalmente a Umberto Eco, che al complottismo ha dedicato “Il pendolo di Foucault” e “Il cimitero di Praga” e lo snobbava così: «La psicologia del complotto nasce dal fatto che le spiegazioni più evidenti di molti fatti preoccupanti non ci soddisfano, e spesso non ci soddisfano perché ci fa male accettarle». Ma non è che alla seriosità di chi semplifica la storia, le cause delle stragi o le ragioni di un trauma storico, si contrappone la seriosità di chi rifiuta pregiudizialmente di credere ai complotti? «No. Stiamo ai fatti. Il problema che abbiamo cercato di evidenziare è proprio questo. La mentalità complottista è di solito considerata tipica dei regimi di polizia o totalitari, dove vige un clima di diffidenza reciproca tra i cittadini. Il problema è che questa psicologia collettiva la si ritrova ai giorni nostri anche nelle democrazie più avanzate. La democrazia è in teoria il regime della trasparenza e della pubblicità. Ma molti cittadini sono sempre più convinti che anche al suo interno esistano pericolose zone d’ombre. Anche il potere democratico viene sempre più percepito come minaccioso e illegittimo. E poi le democrazie sono complesse e per spiegare verità complesse, si usano strumenti cognitivi che semplificano. Il complottismo, dunque, viene utilizzato da chi ci crede come una scorciatoia mentale».
IL “PLOT” SCONFIGGE LA RAGION CRITICA
È tutto. Anzi, no. La morale è non illudersi di poter controllare ogni tornante della storia. Non si tiene il potere sotto controllo. Si smetta di cullarsi nel complottismo per capire il funzionamento del sistema le cui ebbrezze e nefandezze spesso rimangono inintelligibili. La verità, lungi da appagamenti consolatori, va cercata con le lenti (e la fatica) della ragione e dell’indagine fattuale. Non è con le fantasie che si svelano alcuni dei misteri di questa parte del mondo: la strage di Portella della Ginestra, l’assassinio di Moro, la morte di Enrico Mattei, l’attentato di Ustica. Non accontentiamoci. Ma senza giungere al negazionismo. Senza omettere di sottolineare che dietro lo stragismo ha brigato lo Stato; e che dietro la democrazia fragile, l’Occidente angosciato e l’Europa imbelle, ci sono le manovre di tecnostrutture, vampiresche banche, grandi corporation. Oddio, ancora il “plot”! Il complotto che, come lo smonti, lo decostruisci, lo smascheri o lo cacci indietro, spremendo tutta la ragion critica possibile, rispunta più indiavolato. Agli umani, rassegniamoci, non è consentito competere con il dio delle ombre.
di Romano Pitaro
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