“Il disincanto che si definisce come l’abbandono di ogni visione mitologica del mondo, accompagna strettamente il liberalismo. Questo lo rende poco attraente per molte persone.”
da Perché gli intellettuali non amano il liberalismo
È scomparso ieri all’età di 79 anni, Raymond Boudon, sociologo liberale, tra i più grandi teorici dell’individualismo metodologico.
Boudon, ampiamente studiato e fatto conoscere in Italia anche grazie all’opera di Enzo Di Nuoscio, curatore peraltro dell’edizione italiana di alcuni suoi volumi, è stato pubblicato in Italia, tra gli altri, da Rubbettino che per l’occasione ricorda i tre volumi in catalogo dell’intellettuale francese:
Tocqueville oggi
In questo volume Raymond Boudon mette nero su bianco le ragioni della sua ammirazione per Tocqueville, un’ammirazione che si basa sulla consapevolezza del valore di estrema attualità del pensiero del grande intellettuale francese. Infatti, ci dice Boudon, nella sua analisi dei processi di cambiamento delle istituzioni politiche e dei comportamenti dei cittadini che vivono in regimi democratici, Tocqueville coglie dei meccanismi che restano validi anche ai nostri giorni.
Perché in Francia, ma non negli Stati Uniti l’instaurazione della democrazia è andata di pari passo con l’indebolimento delle credenze religiose? Perché in Francia, ma non negli Stati Uniti, il desiderio di uguaglianza si è presto tradotto in una espansione dell’amministrazione centrale a detrimento non solo dei corpi intermedi, ma anche e soprattutto della vera libertà dei cittadini?
Tocqueville rende conto di questi fenomeni e del fatto che la libertà politica può essere a volte sacrificata anche con il consenso dei cittadini, se questi sono desiderosi di sicurezza e se sono disposti ad accettare uno Stato protettore fino al punto da lasciarvisi sottomettere.
Uomo del suo tempo, ma capace di uno sguardo attento e profondo nell’animo umano, Tocqueville capisce inoltre che è nelle credenze e nelle idee che formano il pulviscolo del potere sociale, che spesso si annida una forma di tirannia potenzialmente più subdola e più forte di quella esercitata dagli ancien régime.
Non è difficile ritrovare dunque, dietro agli esempi che questo volume riprende dalle opere del grande pensatore francese, le dinamiche sociali e politiche che ancora oggi si verificano nelle democrazie occidentali. Una visione della storia, la sua, che”non elimina per così dire gli uomini”, ma che al contrario li rimette al centro della vita politica, con il loro carico di responsabilità, certo, ma anche con la loro irriducibile libertà di pensiero e di azione.
Elogio del senso comune
La democrazia affronta oggi una pesante crisi che la sta portando a trasformarsi in un sistema dominato dai conflitti d’interesse e dalla ragione del più forte.
Si crea confusione tra morale e politica, tra fede e ragione, tra pubblico e privato.
Il libro di Boudon propone dunque di ritrovare l’idea che esista una razionalità comune che va al di là dei particolarismi individuali e culturali, un’idea insomma di democrazia da salvare dal naufragio dei valori e della politica.
Perché gli intellettuali non amano il liberalismo
Come si spiega il fatto che il liberalismo, una tradizione di pensiero politicamente rilevante, economicamente efficace e storicamente significativa, continui ad essere oggetto di così tanti malintesi? Come mai numerosi intellettuali sembrano opporvisi quasi per principio? è perché svolgono correttamente la loro funzione critica? O è forse per risentimento?
Andando oltre queste spiegazioni, incapaci di cogliere la natura profonda del fenomeno, Raymond Boudon mette in relazione le ragioni dell’ostilità che gli intellettuali mostrano verso il liberalismo con i meccanismi che regolano la produzione e la circolazione delle idee nelle società contemporanee. Ne emerge una tagliente ed attualissima visione d’insieme dei pregiudizi che da decenni offuscano il dibattito pubblico, avvelenano la vita politica, creando effetti perversi nell’ambito della politica scolastica, economica, culturale, così come nella lotta contro la delinquenza e la criminalità.
Concludiamo questa breve rassegna con una citazione tratta da Perché gli intellettuali:
“La tradizione liberale, agli occhi di coloro che vi si oppongono, ha l’inconveniente di non formulare una visione globale del mondo, di non essere una ideologia o una ‘religione secolare’ (…) sul piano filosofico, il liberalismo rappresenta la tradizione di pensiero meno escatologica che vi possa essere. È convinto che le idee obbediscano a processi di selezione razionale e che la nozione di progresso sia fondamentale. Una delle due dimensioni del progresso consiste nell’istaurazione di norme che permettono di alzare il livello di fiducia che i cittadini nutrono per le istituzioni: norme che permettono di eliminare la corruzione, di accentuare la trasparenza delle decisioni a beneficio di quelli che ne subiscono le conseguenze, di prendere in seria considerazione i sentimenti dei cittadini in materia di equità. Il liberalismo rifiuta di considerare l’ipotesi che la nozione di ‘fine della storia’ abbia il minimo senso.
In generale il disincanto che si definisce come l’abbandono di ogni visione mitologica del mondo, accompagna strettamente il liberalismo. Questo lo rende poco attraente per molte persone.”
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- Perché gli intellettuali non amano il liberalismo 2013.04.11
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