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l contributo delle donne alla Resistenza in Italia è stato sempre un tema poco approfondito, ancor meno conosciuto è il ruolo che ebbero le donne di famiglie nobili nella lotta partigiana. Cristina Casana nel 1943 è una ventenne come tante sue pari, vive una vita agiata e tranquilla fatta di appuntamenti mondani, di feste, teatri. La sua è una famiglia “bene” piemontese, cattolico-liberale, in cui la nobiltà di sentimenti si tramanda di generazione in generazione. Le ragazze, Cristina e Lavinia, trascorrono le stagioni tra la casa di Torino, il salotto romano della nonna Lavinia Taverna e la villa brianzola di Novedrate. Ma nel 1938 la vita cambia anche per loro, il quadro politico muta drasticamente e l’atmosfera in Italia si fa cupa. Sarà l’8 settembre a segnare per sempre il destino dell’intera famiglia. Fino ad allora l’unico a interessarsi attivamente di politica è Rinaldo, il figlio maschio della famiglia Casana, ma nell’estate del 1944 la villa di Novedrate e il suo Alcazar (la stanza rifugio dell’ultimo piano a metà tra la camera di Rinaldo e quella di Cristina) diventa la sede dove si riuniscono i giovani cospiratori antifascisti. È qui che avrà il suo quartier generale l’Organizzazione Franchi, e sarà questa la sede di una radio clandestina gestita da Ernesto Balbo di Vinadio, nonché della operazione Nemo guidata dal comandante Emilio Elia. Sarà dalla villa brianzola che partiranno i messaggi cifrati che Radio Londra invia ai partigiani. Novedrate diventa così un rifugio sicuro per tutti coloro che scappano dalle persecuzioni, e che qui trovano ospitalità a prescindere dall’appartenenza politica. E sarà la sede dove verranno ideate la maggior parte delle operazioni di sabotaggio a danno dei tedeschi. È in quelle stanze che Costanza Taverna e le figlie Cristina e Lavinia svolgeranno la parte delle padrone di casa, ma anche quella, più importante, di raccordo tra i vari nuclei resistenziali. Cristina stessa, più volte accompagnerà Oliver Churchill, qui paracadutato con il compito di contattare le forze partigiane e quelle militari dell’alta Italia, a Milano.
Una storia i cui dettagli sono emersi dal diario di Cristina Casana ritrovato dalla storica Rossella Pace che ne ha tratto il libro Una vita tranquilla. I liberali e la lotta di Liberazione nazionale nelle memorie di Cristina Casana per le edizioni Rubbettino (Soveria Mannelli, 2018, pagine 100, euro 12) che viene presentato il 5 febbraio all’Istituto Luigi Sturzo a Roma. «Per me — scriveva nel suo diario Cristina raccontando la sua esperienza — è stato scoprire un rapporto non mondano con la gente, uscire da una routine per solidarietà con gli altri, battersi per un’idea, anche se molto vaga, perché io di politica non capivo nulla. Le ragioni del mio interesse — proseguiva — erano l’opposizione al nemico occupante e l’aiuto a chi combatteva e soffriva per causa sua. La politica, per me, era una cosa lontana, concerneva il futuro dell’Italia; invece l’aspetto sociale, le persone mi interessavano e mi coinvolgevano».
Il movimento di Resistenza contro il nazifascismo in Italia, spiega Rossella Pace, «fu un insieme complesso e non univoco di forze politiche di ispirazione diversa, di sensibilità e culture spesso molto lontane tra loro». E in questo ambito, ancora poco conosciuta resta la Resistenza senza armi (cioè l’impegno civile delle popolazioni nel fiancheggiamento logistico e pratico delle bande armate) che ha visto una consistente partecipazione delle donne. «Dal Diario — spiega l’autrice del libro — emerge il ruolo di primaria importanza svolto, in questa rete, da alcune vigorose figure femminili che mettono a frutto una tradizione di raffinata formazione culturale e di impegno sociale diventando esse stesse protagoniste nel processo di formazione di un’Italia allora appena in embrione e della nuova democrazia del dopoguerra». La Resistenza, dunque, che ha unito persone e generazioni diverse in una comune azione antifascista e liberale ha coinvolto anche le donne che — in un mondo ancora tutto al maschile — si sono battute per l’indipendenza e per la libertà.
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