Rivista di Politica

Trimestrale di studi, analisi e commenti diretta da Alessandro Campi

Accreditata da Anvur in classe A nel settore concorsuale 14 B1 (Storia delle dottrine e delle istituzioni politiche).

La politica appare

Trimestrale di studi, analisi e commenti diretta da Alessandro Campi

Accreditata da Anvur in classe A nel settore concorsuale 14 B1 (Storia delle dottrine e delle istituzioni politiche).

La politica appare ai giorni nostri sempre più screditata e impotente. Le si imputa di aver accumulato troppi fallimenti, di non aver realizzato le sue tante promesse e di aver alimentato, al solo scopo di perpetuare i suoi privilegi, pericolose e mortali illusioni. La si considera, con riferimento alle nuove sfide che la storia le ha posto dinnanzi, sempre più incapace di assolvere le sue finalità peculiari (in primis quella di garantire una pacifica e ordinata convivenza tra gli uomini). Si ritiene che le menzogne e gli inganni ai quali è abitualmente ricorsa abbiano infine tolto valore alle sue originarie e legittime ragioni. L’accusa che le si muove è che le sue “parole” – peraltro spesso reticenti, sommarie e meramente propagandistiche – corrispondano sempre meno alle sue “azioni” concrete, il che ovviamente non può che accrescere la diffidenza e i pregiudizi nei suoi confronti. Il significato più autentico della politica, la sua ragion d’essere più profonda, era un tempo la libertà – individuale e collettiva. I motivi che la rendevano una pratica necessaria per l’esistenza di ogni società organizzata, erano la concordia interna e la pace esterna, la difesa dell’ordine civile e il perseguimento del benessere collettivo e di una relativa eguaglianza. Oggi, si sostiene, essa sarebbe invece mossa solo da interessi meschini e da una totale mancanza di senso morale, da un’ossessiva fame di potere e da cinico pragmatismo.
Per alcuni, che magari ne lamentano il declino, la politica è dunque un’attività ormai residuale, destinata ad essere scalzata dalla tecnica e dall’economia. Per altri, che ne auspicano la fine, è invece un “male necessario”, da contenere nei suoi effetti negativi e da contrastare nella sua pretesa a indirizzare dall’alto la vita degli uomini. L’autonomia e la centralità della politica, sulla quale nel corso nei secoli si sono esercitati teorici e pensatori, sembra essersi tradotta, nella nostra epoca, nella subordinazione della politica a fattori ad essa esterni ovvero in un crescente bisogno di autonomia o di indipendenza dalla politica.

All’interno di questo disarmante quadro storico, la decisione di promuovere una rivista, il cui obiettivo dichiarato è invece quello di mostrare il carattere insopprimibile della politica e la funzione regolativa che essa continua a rivestire in tutte le società, potrebbe apparire un azzardo. In effetti c’è una scommessa intellettuale alla base di questa scelta. Ma c’è anche la consapevolezza che argomentare a difesa della politica e delle sue ragioni non significa rinunciare a criticarne le pratiche contraddittorie e ambigue o a svelarne la dimensione sovente opaca e irrazionale. Molti di coloro che animano questo progetto si riconoscono in un orizzonte di pensiero – definibile in senso lato realista, nelle sue molte accezioni e varianti – che non disgiunge, pur mantenendoli tra di loro separati, l’analisi dal giudizio, la conoscenza dei fatti (per quanto possibile obiettiva e neutrale) dalla loro valutazione secondo criteri morali.

Nella testata che abbiamo scelto per questa nostra avventura – appunto Rivista di politica – sono racchiusi, a ben vedere, un oggetto specifico e un metodo peculiare, un preciso campo d’indagine e un approccio di studio che richiama una tradizione antica ma per molti versi ancora attuale. La nostra intenzione è discutere e analizzare la realtà della politica – i suoi presupposti fondamentali e le sue forme storiche di manifestazione, le sue strutture concettuali e le sue molteplici relazioni con le altre sfere dell’agire umano – senza mai rinunciare alla libertà di critica. E senza mai dimenticare che se alla politica non si può rinunciare è perché essa è l’unico strumento – per quanto imperfetto – di cui gli uomini dispongono per realizzare le loro (non sempre nobili) aspirazioni e per cambiare il mondo nel quale vivono.

Rivista di Politica

Trimestrale di studi, analisi e commenti diretta da Alessandro Campi

Accreditata da Anvur in classe A nel settore concorsuale 14 B1 (Storia delle dottrine e delle istituzioni politiche).

La politica appare ai giorni nostri sempre più screditata e impotente. Le si imputa di aver accumulato troppi fallimenti, di non aver realizzato le sue tante promesse e di aver alimentato, al solo scopo di perpetuare i suoi privilegi, pericolose e mortali illusioni. La si considera, con riferimento alle nuove sfide che la storia le ha posto dinnanzi, sempre più incapace di assolvere le sue finalità peculiari (in primis quella di garantire una pacifica e ordinata convivenza tra gli uomini). Si ritiene che le menzogne e gli inganni ai quali è abitualmente ricorsa abbiano infine tolto valore alle sue originarie e legittime ragioni. L’accusa che le si muove è che le sue “parole” – peraltro spesso reticenti, sommarie e meramente propagandistiche – corrispondano sempre meno alle sue “azioni” concrete, il che ovviamente non può che accrescere la diffidenza e i pregiudizi nei suoi confronti. Il significato più autentico della politica, la sua ragion d’essere più profonda, era un tempo la libertà – individuale e collettiva. I motivi che la rendevano una pratica necessaria per l’esistenza di ogni società organizzata, erano la concordia interna e la pace esterna, la difesa dell’ordine civile e il perseguimento del benessere collettivo e di una relativa eguaglianza. Oggi, si sostiene, essa sarebbe invece mossa solo da interessi meschini e da una totale mancanza di senso morale, da un’ossessiva fame di potere e da cinico pragmatismo.
Per alcuni, che magari ne lamentano il declino, la politica è dunque un’attività ormai residuale, destinata ad essere scalzata dalla tecnica e dall’economia. Per altri, che ne auspicano la fine, è invece un “male necessario”, da contenere nei suoi effetti negativi e da contrastare nella sua pretesa a indirizzare dall’alto la vita degli uomini. L’autonomia e la centralità della politica, sulla quale nel corso nei secoli si sono esercitati teorici e pensatori, sembra essersi tradotta, nella nostra epoca, nella subordinazione della politica a fattori ad essa esterni ovvero in un crescente bisogno di autonomia o di indipendenza dalla politica.

All’interno di questo disarmante quadro storico, la decisione di promuovere una rivista, il cui obiettivo dichiarato è invece quello di mostrare il carattere insopprimibile della politica e la funzione regolativa che essa continua a rivestire in tutte le società, potrebbe apparire un azzardo. In effetti c’è una scommessa intellettuale alla base di questa scelta. Ma c’è anche la consapevolezza che argomentare a difesa della politica e delle sue ragioni non significa rinunciare a criticarne le pratiche contraddittorie e ambigue o a svelarne la dimensione sovente opaca e irrazionale. Molti di coloro che animano questo progetto si riconoscono in un orizzonte di pensiero – definibile in senso lato realista, nelle sue molte accezioni e varianti – che non disgiunge, pur mantenendoli tra di loro separati, l’analisi dal giudizio, la conoscenza dei fatti (per quanto possibile obiettiva e neutrale) dalla loro valutazione secondo criteri morali.

Nella testata che abbiamo scelto per questa nostra avventura – appunto Rivista di politica – sono racchiusi, a ben vedere, un oggetto specifico e un metodo peculiare, un preciso campo d’indagine e un approccio di studio che richiama una tradizione antica ma per molti versi ancora attuale. La nostra intenzione è discutere e analizzare la realtà della politica – i suoi presupposti fondamentali e le sue forme storiche di manifestazione, le sue strutture concettuali e le sue molteplici relazioni con le altre sfere dell’agire umano – senza mai rinunciare alla libertà di critica. E senza mai dimenticare che se alla politica non si può rinunciare è perché essa è l’unico strumento – per quanto imperfetto – di cui gli uomini dispongono per realizzare le loro (non sempre nobili) aspirazioni e per cambiare il mondo nel quale vivono.

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