Tecnica, individuo e società
Cinque lezioni sulla teoria di Ulrich Beck
Cartaceo
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Nella primavera del 1986 il mondo è scosso dalla catastrofe della centrale nucleare di Chernobyl. Poche settimane più tardi, ancora nella fase di massimo allarme sociale, compare nelle librerie tedesche la prima edizione di
Nella primavera del 1986 il mondo è scosso dalla catastrofe della centrale nucleare di Chernobyl. Poche settimane più tardi, ancora nella fase di massimo allarme sociale, compare nelle librerie tedesche la prima edizione di Risikogesellschaft (La società del rischio), con una prefazione aggiunta all’ultimo momento in cui l’autore, Ulrich Beck, commenta questo incidente come l’avveramento di una tragica profezia.
L’immagine minacciosa della nube radioattiva che si sprigiona in Russia e vaga per i cieli d’Europa con il suo carico di morte, sospinta dal capriccio dei venti, diventa il simbolo della società del rischio. Beck descrive con efficacia i suoi effetti. La nuvola tocca dapprima i paesi scandinavi, in un certo senso i simboli del progresso, le terre più sicure, dove l’uomo ha sviluppato al massimo grado un’efficiente organizzazione sociale e sembra essersi approssimato di più al sogno antichissimo di un controllo assoluto sulla natura. Gli Scandinavi (e poi, nei giorni successivi, gli altri Europei visitati dal carico vagante di radioattività) che seguono con apprensione gli spostamenti della nube, fanno improvvisamente l’esperienza di trovarsi in condizioni simili a quelle degli uomini primitivi alla mercé delle potenze della natura. Per essi, in quei giorni, il cielo che si squarcia e riversa al suolo tutto il suo carico di radioattività diventa una potenza naturale portatrice di sciagura e morte, mentre il vento che sospinge le nuvole lontano appare come il segno tanto atteso della scampata sventura. Ciò che in quell’occasione in Europa si torna ad esperire è il puro fato, il ritorno del destino, in una sorta di nuova ascrittività tipica del mondo moderno, che sembra riportarci ad una condizione di impotenza simile a quella dei nostri avi più lontani.
In poche settimane il libro diventa un vero best seller, un successo editoriale davvero inconsueto per un testo di sociologia, relativamente difficile nonostante lo stile immaginifico dell’autore. Poi, con la traduzione in inglese, risk society acquista definitivamente la dimensione di un nuovo paradigma, non solo per le scienze sociali, ma anche per un pubblico non specializzato che trova, negli argomenti e nelle immagini suggestive di Beck, gli strumenti per sviluppare un nuovo tipo di comprensione della società in cui viviamo.
Beck però non è soltanto l’autore di un libro bello e innovativo che ha avuto la fortuna di uscire al momento giusto. A partire da La società del rischio, egli sviluppa un percorso teorico ricco di spunti originali con cui mette a frutto le intuizioni della prima opera anche in altri ambiti, che vanno dalla politica alla ridefinizione dei ruoli all’interno della famiglia fino alla globalizzazione.
Ciò che qui si propone è una ripresa di alcuni di questi motivi, in parte non ancora accessibili al lettore italiano, mettendone in evidenza genesi e attuale collocazione nel contesto della discussione sociologica tedesca. Lo scopo non è presentare un’introduzione a Beck in senso classico; per un pensiero ancora in piena evoluzione sarebbe una scelta prematura. Si è piuttosto tentato di mettere in risalto, più che la coerenza di un percorso intellettuale, il significato di alcuni spunti tematici interni al pensiero di Beck, anche in relazione ad altre problematiche di teoria sociale non direttamente toccate dall’autore. Insomma, il testo è pensato come un’occasione per affrontare liberamente, senza pretese di sistematicità, questioni trattate da Beck e altri temi a lui vicini, nel tentativo di indagare i potenziali analitici che la sua teoria offre. Per tale motivo alcune parti del suo percorso intellettuale verranno tralasciate, o date per scontate, mentre su altre la discussione sarà più approfondita, seguendo criteri di rilevanza del tutto soggettivi, senza alcuna pretesa di completezza espositiva.
Questo testo è la rielaborazione di un seminario tenuto nel febbraio del 2003 presso il Dipartimento di Sociologia e Scienza politica dell’Università della Calabria per il corso di dottorato di ricerca in “Scienza, tecnologia e società”. Alcune pagine sono il frutto di una rielaborazione, ai fini del seminario, di un saggio su “Individualizzazione e politica nella teoria di Ulrich Beck”, pubblicato in La società degli individui, 2001/3, nonché di un manoscritto sulla fiducia di prossima pubblicazione in una rivista di lingua inglese. Del seminario si è scelto di conservare in buona parte la struttura e lo stile colloquiale, che emerge forse ancor di più nei passaggi inseriti successivamente, sulla base delle reazioni degli studenti.
Le discussioni del pomeriggio, aperte e vivaci, con i dottorandi di Arcavacata, sono state per me di grande utilità (probabilmente più di quanto essi non pensino); mi hanno permesso di mettere ulteriormente a fuoco le tesi presentate, di aggiungere aspetti che erano rimasti in ombra nella mia formulazione iniziale, e di rivedere criticamente alcuni problemi. Per questo desidero ringraziarli.
Tra essi, un particolare ringraziamento va a Rossana Galdini, che con molta pazienza ha fatto una prima sbobinatura selettiva del caotico materiale del seminario facilitando non poco la successiva riformulazione dei contenuti delle lezioni.