Scritti religiosi e morali
a cura di Vittorio De Marco
Cartaceo
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Vengono pubblicati in questo volume dell’Opera Omnia i sermoni, panegirici, fervorini, prediche, colloqui ed i componimenti poetici di Luigi Sturzo. Il più ampio arco di tempo delle prediche, rispetto alle poesie, abbraccia gli anni
Vengono pubblicati in questo volume dell’Opera Omnia i sermoni, panegirici, fervorini, prediche, colloqui ed i componimenti poetici di Luigi Sturzo. Il più ampio arco di tempo delle prediche, rispetto alle poesie, abbraccia gli anni che vanno dal 1887, quando Sturzo frequentava il seminario di Noto, fino alla vigilia della piena attività politico-amministrativa (1905). Il giovane chierico e poi sacerdote ebbe una particolare considerazione del ruolo del predicatore che aveva una grande responsabilità per la stretta coincidenza che doveva esserci tra predicare santamente e vivere santamente. Condivideva la posizione del fratello Mario per cui il predicatore doveva far uso di una eloquenza tesa a privilegiare le fonti bibliche, i santi padri, i dottori della Chiesa, evitando la mera declamazione, la predica gridata e l’eloquenza esasperante e tenendo sempre conto della tipologia dell’uditorio. «La predica che vale – disse molti anni dopo ricordando quella esperienza – è quella evangelica, detta con semplicità senza sciatterie; con convizione, senza affettazioni; con interiorità senza opacità». Le sue prediche giovanili se non seguirono sempre questa regola, si sforzarono di tenerla presente, mentre le prediche degli ultimi anni, appaiono più asciutte, più aderenti alla predica evangelica, meno compiaciute, più essenziali nell’esposizione delle verità di fede.
Dopo l’ordinazione sacerdotale infatti (maggio 1894) le sue prediche, i sermoni, gli appunti assumono un aspetto più significativo. Si intravede la maturità sempre crescente del giovane panegerista anche se le fonti d’ispirazione restano le stesse: il Vecchio e Nuovo Testamento, S. Agostino, S. Tommaso, l’Imitazione di Cristo, S. Bonaventura, S. Bernardo. Le prediche le preparava meticolosamente e forse le mandava poi a memoria; erano momenti per lui di vera meditazione, di riflessione personale, più che ricerca formale di erudizione e composizione. Non è certo dalle prediche e dai sermoni giovanili che si possono individuare le linee portanti della sua spiritualità; tuttavia certi slanci e certe riflessioni sono sembrate significative per rilevarne tracce apprezzabili. A partire dagli anni Novanta dell’Ottocento e nel primo lustro del secolo successivo, il predicatore si intreccerà sempre più col conferenziere e il fervido organizzatore del movimento cattolico siciliano.
Sul versante poetico aveva un rapporto sempre critico con i suoi componimenti, e lo scrivere in versi rappresentava non un mero divertissement, ma uno sforzo creativo di un certo impegno così come confidava spesso al fratello Mario. Si può nel complesso condividere il breve ma incisivo giudizio di Gabriele De Rosa sullo Sturzo poeta: «Una passione che gli durò a lungo, senza danno, a dire il vero, né per sé né per la poesia. Se il verso faceva difetto, la convinzione, però, era sempre forte».