Ricordi d’un dissepolto
La tragedia famigliare di un poeta nel terremoto di Reggio e Messina
a cura di Enzo Romeo
Cartaceo
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Con i contributi di: Benedetto Croce, Antonio Fogazzaro, Grazia Deledda, Giulio Salvadori, Bonaventura Zumbini e altri esponenti della cultura italiana del primo
Alle 5,20 del 28 dicembre 1908 una scossa tellurica di inaudita violenza sconvolse
Con i contributi di: Benedetto Croce, Antonio Fogazzaro, Grazia Deledda, Giulio Salvadori, Bonaventura Zumbini e altri esponenti della cultura italiana del primo
Alle 5,20 del 28 dicembre 1908 una scossa tellurica di inaudita violenza sconvolse le sponde dello Stretto e ridusse a un cumulo di macerie le città di Reggio Calabria e Messina. Il sisma provocò un’ecatombe. Fu probabilmente la più grande catastrofe naturale italiana dai tempi dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.
Michele Calàuti (Siderno, 1861 1935) era stato uno degli ultimi poeti romantici, forgiatosi alla scuola del neodassicismo. A Roma aveva frequentato i più importanti salotti e collaborato con le principali riviste letterarie, insieme a Giosuè Carducci, Luigi Capuana, Edmondo De Amicis, Salvatore Di Giacomo e tanti altri. Tra i suoi amici, il giovane Gabriele d’Annunzio, a cui dedicò più di una lirica.
Nel 1908 Calàuti aveva 47 anni e da tempo era tornato nella sua Calabria. In quel periodo alloggiava con la famiglia a Reggio, in un villino di via Santa Lucia. Un posto incantevole, da dove si godeva un panorama magico. Dopo l’alba funesta del terremoto, quel luogo diverrà la tomba della madre e di tre figli. A qualche mese dalla catastrofe, il poeta riprende in mano la penna che aveva riposto nel cassetto da molti anni e scrive un breve e straziante resoconto della propria tragedia familiare, che intitola Lacrymae ovvero Ricordi d’un dissepolto. Pagine in cui si riflette la sciagura di un popolo intero e di una terra tanto bella quanto amara.
Il libretto giunse tra le mani dei maggiori uomini di cultura dell’epoca. Tutti ne furono sconvolti, tuft vollero farsi partecipi con una parola, un pensiero, una poesia, una dedica. «Chi sa fare qualche cosa del suo dolore, quello solo merita di esser consolato”, scrisse al Calàuti Matilde Serao. La raccolta che accompagna i Ricordi dà l’idea di quale impatto emotivo provocò cent”anni fa in Italia e nel mondo quel terribile terremoto.