Piegare la pittura
Cartaceo
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Dell’opera di Cesare Berlingeri lascio dire volentieri ai molti critici e curatori che se ne sono finora occupati, da Filiberto Menna ad Arturo Schwarz, da Carmine Benincasa a Tommaso Trini, da Philippe Daverio ad
Dell’opera di Cesare Berlingeri lascio dire volentieri ai molti critici e curatori che se ne sono finora occupati, da Filiberto Menna ad Arturo Schwarz, da Carmine Benincasa a Tommaso Trini, da Philippe Daverio ad Aguinaldo Coelho, da Doris von Drathen a Virginia Baradel, da Celso Fioravante a Paolo Aita… A me riservo, in questa breve presentazione, solo l’opportunità di qualche commento di carattere culturale, declinato sul versante storico-sociologico.
L’operatività artistica di Berlingeri, a mio avviso, mostra a piene mani l’inadeguatezza del binomio centro/periferia, nel caso si voglia provare oggi a descrivere le geografie culturali e artistiche del mondo contemporaneo. Non ha più molto senso, infatti, misurare il grado di ritardo delle periferie rispetto a un centro che, o non c’è più, oppure, quando sembra che ci sia ancora, lo si vede circolare, frangersi e moltiplicarsi per ogni dove. Si può vivere a Taurianova ed essere sempre in cammino. Viceversa può accadere di inciampare e infine di fermarsi, pur vivendo a New York, a Sào Paulo o a Tokio.
Nelle pieghe delle pitture di Berlingeri qualcuno ha già colto l’indizio ripetuto dell’erranza: «la loro ricorrente somiglianza con il fagotto e il tascapane» (Trini). Dal suo canto, in questa mostra, Aita aggiunge la «luce meridiana», che promana dai monocromi dell’artista, all’incanto e all’enigma dell’erranza silenziosa.
Ecco qui, forse, in questi due termini , il viaggio e lo sguardo meridiano , non un’antinomia ma la congiunzione e il superamento del nesso centro/periferia. Le fatiche e le lacerazioni della Calabria e del Mediterraneo, si traducono nella leggerezza trasognata delle opere e della stessa persona dell’artista, il quale disegnando curve nello spazio entra in intimità con il mondo e ce ne dice le vibrazioni.
L’Università della Calabria, accogliendo questa mostra, è ben contenta di porsi sullo stesso terreno dello sguardo silenzioso e della sfida di Berlingeri.