Ortensio Zecchino

Perché non possiamo non dirci “cristiani”

Letture e dispute sul celebre saggio di Benedetto Croce

Prefazione di Eugenio Mazzarella. Postfazione di Dino Cofrancesco

Cartaceo
17,10 18,00

Il saggio di Croce comparve sulle pagine della Critica il 20 novembre 1942 e da allora non ha cessato di essere al centro di interesse e dibattiti. Afflitto dallo spettacolo delle atrocità della guerra

Il saggio di Croce comparve sulle pagine della Critica il 20 novembre 1942 e da allora non ha cessato di essere al centro di interesse e dibattiti. Afflitto dallo spettacolo delle atrocità della guerra nella sua Napoli ma, più in generale, angosciato dalle sorti della nostra civiltà, Croce volle affidare al saggio questi suoi sentimenti, con l’intento di suonare un allarme e risvegliare nelle coscienze il senso del dovere di non essere passivamente acquiescenti. Ma il saggio, bollato dalla stampa fascista e comunista, volle essere anche un appello, sia pur velato, a tutte le forze sinceramente amanti della libertà, in vista dello sperato ritorno alla vita democratica. Dalle note del Diario di Croce si comprende anche il tormento nella ricerca di un titolo adeguato, passato dalla prima formulazione in termini interrogativi, alla seconda in termini affermativi, alla definitiva, in cui affermarci diventa dirci, ma soprattutto si appongono le virgolette a “cristiani”, per render chiaro, fin dal titolo, che il termine veniva assunto in un senso particolare, diverso da quello connotante formali appartenenze confessionali. Il saggio si rivelerà espressione altissima e sofferta, a un tempo, della passione civile dell’autore, della incompiutezza d’ogni sistema filosofico e dell’insondabilità dei tanti misteri che avvolgono l’uomo.

Indice

Prefazione di Eugenio Mazzarella
Introduzione

I. Un’ideazione sofferta
1. I tormenti di una notte d’agosto
2. Il contesto
3. Un testo problematico che all’apparire disorientò laici e cattolici

II. Le prime reazioni
1. La reazione del regime fascista
2. Giovanni Gentile: «io sono cristiano… io sono cattolico»
3. Le prime reazioni del mondo cattolico
4. Un poco conosciuto commento di Luigi Sturzo

III. Il senso spirituale del saggio
1. Il coevo appello di Carl Schmitt
2. I precedenti
3. «In etica dopo il Cristianesimo non è possibile non essere in qualche modo cristiano». L’etica cristiana come etica dell’amore
4. Un ausilio alla comprensione da scritti successivi
5. La categoria crociana della “vitalità” e il problema del male. Dal pessimismo degli anni bellici alla ricerca di un nuovo equilibrio alla fine dei terribili anni Quaranta
6. La religione come “accompagnamento e sostegno” alla filosofia
7. Un’intima riflessione e un appello alle coscienze per la difesa della civiltà cristiana
8. La Chiesa tra chiusure teologico-politiche e vane speranze nella conversione di Croce
9. La contesa sul lascito spirituale di Croce

IV. Cattolicesimo e libertà nel pensiero di Croce
1. Il dibattito intorno alla Storia d’Europa nel secolo decimonono
2. I ripensamenti di Croce sull’inconciliabilità assoluta tra cattolicesimo e liberalismo: “la sostanza cristiana del liberalismo” e la piena consonanza coi cattolici liberali
3. L’insistenza su inconciliabilità con il cattolicesimo della Chiesa romana e consonanza coi cattolici liberali
4. La conciliazione tra “religione della libertà” e cristianesimo nel pensiero di Del Noce

V. Il senso politico del saggio
1. L’interpretazione politica del Perché non possiamo non dirci “cristiani”, tra sostenitori e negatori
2. La necessità di leggere il saggio alla luce degli altri scritti e dell’impegno politico di Croce in quei tempi drammatici
3. Il doppio pericolo paventato da Croce: “germanico paganesimo” e “concezione materialistica”
4. Il fermo anticomunismo di Croce, la sua contrarietà al Partito d’azione e la sintonia con De Gasperi
5. La prospettiva di un’intesa liberali- “popolari” in uno scambio epistolare Croce-Sturzo (agosto ’44)
6. Una precisazione di Gonella a Croce sul rapporto tra liberalismo e democrazia (agosto ’44)
7. L’opposizione di Croce all’attribuzione del ministero dell’Istruzione a un democristiano (giugno ’45)
8. L’intesa De Gasperi-Croce nella crisi del governo Parri e nella nascita del primo governo De Gasperi
9. L’esplicita proposta di Croce a Montini di alleanza tra liberali e democristiani
10. L’attribuzione del ministero dell’Istruzione a Gonella e le proteste del mondo laico capeggiate da Croce (autunno ’46)
11. Rinnovate diffidenze e malumori della Chiesa verso Croce per la sua opposizione all’art. 7 della Costituzione
12. Il pieno sostegno di Croce alla decisione di estromettere i socialcomunisti dal governo, perché De Gasperi «mira a salvare la libertà italiana contro il bolscevismo rosso»
13. Un nuovo scontro sulla scuola che fa rimpiangere a Croce la laicità del PPI di Sturzo
14. Il fermo anticomunismo di De Gasperi e l’amara constatazione della frenante “mentalità dossettiana” in un suo appunto manoscritto
15. Croce-De Gasperi
16. Il Perché non possiamo non dirci “cristiani” tra ecumenismo e attenzione alla politica italiana

VI. Il saggio nel tempo nuovo della cattolicità
1. Le aperture del Concilio Vaticano II
2. Tra secolarismo, fondamentalismo e post-secolarismo
3. La pervicace avversione dei gesuiti ancora dopo oltre cinquant’anni dalla pubblicazione
4. L’appello crociano nel tempo della globalizzazione e della secolarizzazione

Epilogo
L’interpretazione autentica del saggio offerta da Croce dieci anni dopo

Postfazione
Un modesto non filosofico commento al saggio di Ortensio Zecchino di Dino Cofrancesco

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