Mitopoesia dell’eone: cunti, stellari, dicerie
L'opera di Giuseppe Occhiato
a cura di Neil Novello
Cartaceo
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Mitopoesia dell’eone: cunti, stellarî, dicerie. L’opera di Giuseppe Occhiato è un numero monografico di Rivista di Studi Italiani (aprile 2019) dedicato al grande scrittore calabrese (Mileto, 1934 – Firenze, 2010). Storico dell’architettura normanna medievale
Mitopoesia dell’eone: cunti, stellarî, dicerie. L’opera di Giuseppe Occhiato è un numero monografico di Rivista di Studi Italiani (aprile 2019) dedicato al grande scrittore calabrese (Mileto, 1934 – Firenze, 2010). Storico dell’architettura normanna medievale in Calabria (formidabili gli studi e le scoperte), disegnatore e magistrale pittore en pòete, docu-narratore in Carasace. Il giorno che della carne cristiana si fece tonnina (Editoriale Progetto 2000, 1989) e della sua riscrittura romanzata, Lo sdiregno (Ilisso Rubbettino, 2006), narratore puro in L’ultima erranza (Iride – Rubbettino, 2007), Giuseppe Occhiato affida la propria vicenda umana e creativa anche a un’opera vertiginosa. In mezzo secolo di lavoro, scrive un colossale epos venuto come da un altro mondo, un objet étranger letterario caduto per caso in una plaga terrestre: il romanzo Oga Magoga. Cunto di Rizieri, di Orì e del minatòtaro (Editoriale Progetto 2000, Gangemi, 2019). Una coscienza culturale e un azzardo accompagnano il lavoro critico sull’opera di Giuseppe Occhiato, da un lato la sicura credenza della sua grandezza intellettuale, dall’altro l’indubbia persuasione che tale grandezza apparterrà, nell’impervia prova del millennio, alla storia della letteratura. Mitopoesia dell’eone prova allora a costruire un portrait organico dell’opera di Giuseppe Occhiato mediante le voci critiche di più autentica e innamorata fedeltà allo scrittore. Una corale vocata a rovesciare idealmente un destino, quello innocentemente marginale dell’autore, tuttora in cammino, come una solitaria luminaria, per un sentiero notturno. E anzi, se si può, questa vuole essere anche una prova collettanea chiamata a qualcosa di più. Strappare a un insensato silenzio, il silenzio colpevole della realtà culturale nazionale, l’iniquo sortilegio di uno scrittore che non potrà più essere postumo così a oltranza.