La teoria della subalternità e il caso dei dalit in India
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Il subalterno è lo schiavo soddisfatto, il servo che idolatra il padrone, la donna che perpetua il modello del patriarca, il marginale che finisce per odiarsi: colui che ha interiorizzato la visione del mondo
Il subalterno è lo schiavo soddisfatto, il servo che idolatra il padrone, la donna che perpetua il modello del patriarca, il marginale che finisce per odiarsi: colui che ha interiorizzato la visione del mondo del dominante e crede legittimo il suo stato di minorità. Egli, subendo la cosiddetta“violenza epistemica”, si fa complice di chi rende angusta la sua esistenza: le fonti del suo istinto sono inquinate, alterate le ragioni dei suoi desideri ed egli vuole contro il proprio interesse.
I subalterni sono il neo delle rivoluzioni e la falla di ogni progresso: quella porzione di popolazione che ha partecipato ma non ha compreso, le cui condizioni di vita non sono cambiate, subordinati prima al despota e poi al liberatore. I subalterni sono quel residuo di umanità che la pubblicistica messaggera di un nuovo corso ha bisogno di dimenticare. Ma come si produce subalternità e cosa permette di affrancarsene? Il volume, analizzando il caso dei dalit in India(la storia politica del movimento dei paria) , giunge a elaborare inediti strumenti concettuali per dar forma a una teoria che parte dalla subalternità ma giunge a una riclassificazione sociocognitiva del potere, scoprendo le innumerevoli figure intermedie tra servo e padrone, la contiguità di dominanti e dominati, le insidie del farsi portavoce dei subalterni.