La ragione nel processo
Un viaggio umano tra il dramma del dubbio e la cultura della verità
Cartaceo
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Il diritto si presenta come un insieme di regole formulate in linguaggio tecnico e le parole sono indubitabilmente segni, da leggere e comprendere. Così pure il fatto. Esso si presenta alla mente del giudice
Il diritto si presenta come un insieme di regole formulate in linguaggio tecnico e le parole sono indubitabilmente segni, da leggere e comprendere. Così pure il fatto. Esso si presenta alla mente del giudice penale come una proposizione descrittiva nel capo d’imputazione, descrizione che pretende di enucleare un fatto di vita, accaduto ipotizzatamente nel passato. Il giudizio, che agli occhi del popolo pare compito di ordinaria amministrazione, è in realtà un terreno impervio, un percorso faticoso, irto di difficoltà di ordine giuridico, ermeneutico e logico. Ogni funzione conoscitiva, anche quella giuridica, in fatto ed in diritto, richiede il convergere di saperi. Nello specifico, per giudicare occorre essere fenomenologo, ermeneuta epistemologo e logico: cogliere i segni del reale, saperli sagacemente intendere, ragionarci su, traducendo i risultati mentali in un discorso coerente e aderente ai fatti emersi. E non basta: occorrono doti ulteriori, in parte endogene, caratteriali, di prudente distacco dai fatti di vita, di non coinvolgimento emozionale nei casi da valutare, ed in parte esogene, derivate dall’esperienza sul campo e dal continuo acculturamento, dottrinario e giurisprudenziale. L’opera raccoglie i più recenti studi, con particolare riferimento a tematiche sul processo penale, anche sotto la luce della lunga esperienza vissuta faticosamente sul campo, e resta affidata alla prudente e benevola attenzione di chi è animato ancora dal desiderio di leggere e di riflettere.