La nebbia a gl’irti colli
La natura e i poeti d'Italia tra Ottocento e Novecento
Cartaceo
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La nebbia a gl’irti colli, il verso che intitola questo libro, è sicuramente il più noto e citato da tutti coloro che a scuola hanno dovuto imparare (abitudine ormai obsoleta) poesie a memoria. Eppure
La nebbia a gl’irti colli, il verso che intitola questo libro, è sicuramente il più noto e citato da tutti coloro che a scuola hanno dovuto imparare (abitudine ormai obsoleta) poesie a memoria. Eppure proprio la notissima poesia San Martino di Giosuè Carducci nasconde un vistoso errore, se non altro di geografia. Come anche nella Canzone di Legnano dello stesso poeta appare un errore (questo sì molto noto e citato) riguardante il sole e il Resegone.
Partendo da questi spunti, l’autore ha voluto scoprire, nelle poesie più famose e nei poeti più amati e citati, a cavallo tra l’800 e il ‘900 dello scorso millennio, gli eventuali errori e le possibili incongruenze. Per alcune di queste ultime (vedi l’accusa di Montale a Foscolo per aver callunniato l’upupa, descrivendola come un lugubre uccello notturno) Pratesi ha cercato, con un certo successo, di tracciare una memoria difensiva del poeta dei Sepolcri.
Ma, continuando nella lettura di questo esile libretto, si vedrà come le critiche lascino a poco a poco il passo agli elogi. Come quelli tributati a Gabriele D’Annunzio, del quale si citano esatte e affettuose descrizioni di piante ed animali che mai avevano trovato posto nella poesia italiana, o la scoperta della competenza entomologica del più conosciuto dei poeti crepuscolari, Guido Gozzano.
Non mancano, naturalmente, gli accenni ad altre famosissime poesie, come Il passero solitario e Il Sabato del villaggio di Leopardi, Sopra una conchiglia fossile dell’abate Zanella e La spigolatrice di Sapri di Luigi Mercantini.
Insomma un testo da leggere tutto d’un fiato, con l’avvertenza di coglierne la sottile ironia e di non invocare delitti di lesa maestà, che non erano assolutamente nelle intenzioni dell’autore, che pure di poesie a memoria ha dovuto, nei suoi verdi anni, impararne moltissime (spesso per punizione).
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