L’individualismo nelle scienze sociali Storia e definizioni concettuali
a cura di Enzo Grillo
Prefazione di Dario Antiseri
Cartaceo
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Quello tra “individualismo” e “collettivismo” rappresenta il “grande scontro” che ha attraversato, e in gran parte attraversa ancora, la ricerca sociale. Per gli individualisti ad esistere, ragionare, agire ed interagire sono soltanto gli individui;
Quello tra “individualismo” e “collettivismo” rappresenta il “grande scontro” che ha attraversato, e in gran parte attraversa ancora, la ricerca sociale. Per gli individualisti ad esistere, ragionare, agire ed interagire sono soltanto gli individui; i collettivisti, invece, reificano, fanno diventare res, i concetti collettivi quali Stato, classi, partito, società, istituzioni, rivoluzione, popolo, ecc. Cosi, ad esempio, per il collettivista “sostanza” cioè realtà irriducibile ed ostinata, è lo Stato, così come lo sono la ‘società”, o il “partito”; mentre per l’individualista “sostanza” sono unicamente gli individui. Siffatte differenti concezioni ontologiche trascinano con sé due diversi approcci metodologici e due diverse visioni della politica. Sul piano metodologico: se ad esistere sono soltanto gli individui, allora il ricercatore sociale avrà per oggetto della sua indagine le azioni degli individui (e le loro conseguenze, soprattutto, se non esclusivamente, quelle inintenzionali); se, invece, la realtà sociale consiste in quelle supposte entità collettive (“società”, “partito”, “classe”, ecc.), lo scienziato sociale dovrà, di conseguenza, andare alla ricerca dì quelle leggi che determinano genesi e mutamenti dì simili entità. In ambito politico: il fine è costituito dalla società, dallo Stato, dal partito ovvero il fine è l’individuo? Qui, la controversia tra collettivisti e individualisti diventa uno scontro sui fini, uno scontro tra liberticidi e difensori della libertà degli individui.
Sulle ragioni che gli individualisti (moralisti scozzesi, sociologi del livello di G, Simmel e M. Weber, esponenti della Scuola austriaca di economia, epistemologi come K. Popper, e scienziato sociali come R. Boudon) hanno fatto e fanno valere nei confronti delle varie famiglie di collettivisti (positivisti, hegeliani, marxisti, neo marxisti, strutturalisti, ecc.) esiste una vasta letteratura. Sennonché la storia delle idee riserva non dirado delle sorprese, in quanto può accadere che, relativamente a certi determinati problemi, accanto a campi ben esplorati se ne scoprano altri, e di estremo interesse, nei quali l’attenzione degli studiosi è semplicemente scivolata via. È questo (con la sola eccezione di F. von Wieser) il caso degli Autori i cui contributi, sullo scontro tra individualisti e collettivisti e sulle conseguenze etiche e politiche delle due tradizioni, figurano nel presente volume. Si tratta di intellettuali di prim’ordine I quali, in contesti diversi, hanno operato tra Ottocento e Novecento, e I cui scritti sempre istruttivi, non di rado polemici, sono al giorno d’oggi ancora di estrema attualità, soprattutto quando ci si trovi davanti ad una ricerca sociale in gran parte e in vario modo intossicata dalla mitologia collettivista. (D. Antiseri)