L’impronta indelebile
Enrico VII di Svevia e Gioacchino da Fiore alla luce delle indagini paleopatologiche
a cura di Pietro De Leo e Gino Fornaciari
Cartaceo
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La tendenza ormai consolidata di ricostruire il passato, mediante indagini non circoscritte alle fonti tradizionali, vede oggi umanisti e scienziati intenti a rileggere con occhi nuovi e con tecniche d’avanguardia la storia degli uomini
La tendenza ormai consolidata di ricostruire il passato, mediante indagini non circoscritte alle fonti tradizionali, vede oggi umanisti e scienziati intenti a rileggere con occhi nuovi e con tecniche d’avanguardia la storia degli uomini e dell’universo, pervenendo a conclusioni talora insperate e sorprendenti, se non ad autentiche ricerche. Il presente saggio raccoglie e i risultati delle analisi paleopatologiche sui resti corporei di Enrico VII e di Gioacchino da Fiore, promosse nell’Università della Calabria da Pietro De Leo, professore ordinario di Storia medioevale, per molti anni direttore del Dipartimento di Storia, ed effettuate nell’Università di Pisa sotto la responsabilità di Gino Fornaciari, illustre paleopatologo non nuovo a questo genere di ricerche, allo scopo di ottenere il maggior numero possibile di informazioni sulla struttura fisica, sullo stile di vita e sulle malattie che colpirono questi importanti personaggi del medioevo europeo. Se per Enrico VII è stato accertato che fu affetto da lebbra e che l’epiteto di ‘sciancato’, con cui fu comunemente indicato, risponde effettivamente ad una deformità fisica, nel caso di Gioacchino da Fiore è stato identificato e ricostruito lo scheletro dell’abate, isolandolo da altri resti inclusi nella stessa sepoltura. L’opera, corredata da una ricca documentazione in immagini e tabulati, è stata realizzata nell’ambito di una ricerca multidisciplinare con i fondi POP ’94-99, che hanno già permesso la pubblicazione dei primi due tomi del Codice Diplomatico della Calabria.
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