Gli inganni della bellezza

Moda Costume e Bellezza nell'Italia Antica

a cura di Rossella Agostino

Cartaceo
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Il piacere di curare il proprio corpo, di indossare abiti ricercati, di adornarsi con preziosi monili ha origini antichissime ed è un dato certo che la cosmesi fosse ampiamente diffusa nelle civilità pre-greche.
Tuttavia è

Il piacere di curare il proprio corpo, di indossare abiti ricercati, di adornarsi con preziosi monili ha origini antichissime ed è un dato certo che la cosmesi fosse ampiamente diffusa nelle civilità pre-greche.
Tuttavia è innegabile che diffidenza e riprovazione abbiano accompagnato nel tempo l’uso di certe pratiche, identificate dai moralisti, e anche dal pensiero comune, in chiari indizi di mollezza, di falsità, se non addirittura di tecnica mercenaria.
Già nel mondogreco, il concetto di bellezza atteneva più all’aspetto etico che a quello estetico e, anche a Roma, molti autori esprimevano il loro dissenso verso la ricerca di una bellezza solo esteriore.
Lo stesso Ovidio, autore libero dalle anguste leggi restrittive dell’età repubblicana, mentre affrancava le pratiche cosmetiche dai pregiudizi moralistici, ricordava che “tempus erit, quo vos speculum vidisse pigebit” “giorno verrà in cui guardarvi allo specchio vi sarà amaro” mentre “suffit et longum probitas perdurat in aevum” “l’onestà è sufficiente e resiste a lungo nel tempo”.
D’altra parte anche Seneca, nelle Epistule, sosteneva che si comincia a dedicare maggior cura al proprio corpo, quando l’eccessivo benessere ha diffuso ovunque abitudini licenziose: “Ubi luxuriam late felicitas fudit, cultum primum corporum essediligentior incipit”.
Del tutto incomprensibile era, perciò, per Plinio il Vecchio l’uso dei profumi; egli riteneva una manifestazione di autentica vanità, il desiderio di possedere ciò che poteva andare totalmente distrutto in un attimo.
Con tutti questi precedenti si capisce come mai, fino ai nostri giorni, qualunque argomento relativo alla bellezza femminile e alla sua valorizzazione, abbia finito per essere considerato quanto meno frivolo.
Questa pubblicazione si propone di contribuire a smontare questi pregiudizi e anche, un po’ più ambiziosamente, di ribaltare i termini della questione, dimostrando come il percorso conoscitivo che ha origine dai costumi e dalle abitudini delle donne, possa condurre a inaspettate, quanto profonde, rivelazioni.
Infatti…osservando bene…tra stoffe e monili…potremo capire che …un velo rosso ci indica la presenza di una donna libera pronta al matrimonio, l’acconciatura dei capelli ci fa distinguere una schiava, un copricapo particolare appartiene ad una sacerdotessa, un monile sottolinea le origini provinciali (non romane) diuna matrona.
Così, la storia del costume diviene strumento per conoscere la società, perché la scelta degli oggetti e degli accessori consentiva, un tempo, di distinguere i ruoli, lo stato anagrafico, l’appartenenza ad aggregazioni sociali in cui riconoscersi.
Il segreto è saper guardare dentro le cose, non fermarsi all’immediata impressione che un particolare o un’immagine può suggerire.

collana: Varia, 2004, pp 76
isbn: 8849808421