Michele Graziosetto

Francesco Crispi

La religione della Patria nella stagione del Trasformismo

Prefazione di Ennio Di Nolfo

Cartaceo
15,20 16,00

Con questo nuovo volume, Michele Graziosetto ritorna in modo complesso e approfondito allo studio del tema che per diversi anni già è stato al centro del suo interesse di storico. La sua attenzione si

Con questo nuovo volume, Michele Graziosetto ritorna in modo complesso e approfondito allo studio del tema che per diversi anni già è stato al centro del suo interesse di storico. La sua attenzione si sposta ora verso un periodo successivo a quello studiato nelle opere precedenti e affronta il tema del trasformismo inquadrandolo in tre aspetti nuovi: la trasformazione della vita interna italiana; l’evolvere del sistema internazionale; la figura di Francesco Crispi, attore o protagonista di gran parte di questi cambiamenti. Si potrebbe dire: dal trasformismo alla transizione verso un nuovo assetto internazionale della politica di potenza e verso un nuovo modo interno di vivere la dialettica tra le forze politiche. Infatti tutto tende a mostrare come lo statista siciliano vivesse o suscitasse il passaggio da un’età di stasi riflessiva sulla fragilità italiana a un’età nella quale l’Italia come società, economia e Stato si preparava a cambiamenti radicali, nel quadro di un sistema europeo anch’esso pronto a uscire dallo statico scontro tra l’Impero Germanico e la Francia per avviarsi a un riallineamento delle alleanze e alla formazione di nuovi schieramenti… Un innovatore o un epigono fu Crispi? Questo è il problema sotteso a tutto lo studio. L’Autore tende a suggerire una risposta univoca. Il personaggio Crispi era, a suo avviso, caratterizzato da «una serie di innesti ideologici nel tessuto della sua formazione politica ». Alcuni elementi nuovi, come le idee sulle autonomie, sul suffragio, sui diritti soggettivi e oggettivi del cittadino, sulla modernizzazione della macchina organizzativa furono condizionati e limitati dalla «concezione paternalistica della società » e, per ragioni obiettive, non furono sperimentati per un sufficiente periodo di tempo, Nocque a Crispi il senso di orientamento «sulle questioni economiche e finanziarie». Fu impareggiabile per dottrina e vigorìa quando riuscì a imprimere energia vitale nella macchina dello Stato. Ma quando si misurò con i problemi internazionali, «si distrasse, con la complicità delle classi dominanti, dal sanare le secolari, profonde miserie sociali che solo una politica di raccoglimento avrebbe potuto lenire». Osservazioni quanto mai appropriate e acute, queste ultime, che portano l’Autore a definire Crispi come «l’interprete per eccellenza del trasformismo». Ma proprio questo rimane, forse, il punto da discutere e sul quale l’Autore chiama a riflettere. Un innovatore o un epigono? (dalla prefazione di Ennio Di Nolfo).