Francesco Cozza (1605-1682)
Un calabrese a Roma tra Classicismo e Barocco.
a cura di Claudio Strinati, Giorgio Leone, Rossella Vodret
Cartaceo
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La storia dell’arte, oltre a rispendere dell’opera dei grandi maestri e dei periodi d’oro, è spesso costellata di figure comprimarie e di avvenimenti artistici meno noti, che tuttavia hanno contribuito alla conformazione di un
La storia dell’arte, oltre a rispendere dell’opera dei grandi maestri e dei periodi d’oro, è spesso costellata di figure comprimarie e di avvenimenti artistici meno noti, che tuttavia hanno contribuito alla conformazione di un clima culturale, in un particolare luogo e in una determinata epoca.
Il ruolo degli artisti cosiddetti “minori” è utile, infatti, per la comprensione di fenomeni complessi e getta, spesso, una nuova luce sulla visione d’insieme di importanti momenti storici.
In questa ottica si può ben inquadrare l’opera di un pittore come Francesco Cozza, artista eccellente ma anche uno studioso e conoscitore di pittura di grande fama. Fù, in giovinezza, allievo del Domenichino e indubbiamente qualcosa dello stile dell’insigne maestro bolognese rimane sempre latente nella sua produzione. Ma, il suo gusto per il paesaggio, l’amore per l’immagine femminile, la delicata propensione per le storie della vita della famiglia, il soave e composto atteggiamento verso le figure sacre e le allegorie profane ne fanno un pittore unico e inconfondibile.
l’insieme della sua opera rappresenta bene un aspetto cruciale della presenza della scuola del meridione d’Italia a Roma. Autentico gentiluomo della pittura, Cozza mantiene vivo un modo di fare arte che giunse ad influenzare profondamente le generazioni successive.