Domenico Morelli Salve Regina!
Cartaceo
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Cosa sappiamo del trittico Salve Regina! (la Vergine delle Rose) custodita al Castello di Corigliano Calabro e del suo travagliato iter creativo? Perché Domenico Morelli impiegò oltre cinque anni per consegnare il quadro al
Cosa sappiamo del trittico Salve Regina! (la Vergine delle Rose) custodita al Castello di Corigliano Calabro e del suo travagliato iter creativo? Perché Domenico Morelli impiegò oltre cinque anni per consegnare il quadro al suo committente, il barone Luigi Compagna? Perché questa opera suscitò scalpore quando venne per la prima volta esposta a Milano nel 1872? Chi è la modella che ha impersonato la Vergine Maria, la madre di Gesù, e perché sulla pala sono presenti dei simboli?
Interrogativi, questi, a cui l’autore risponde in modo chiaro per mezzo delle fonti. Infatti, alla base di questo scritto, vi è una costante e assidua ricerca delle notizie storiche, molte delle quali emerse anche dalla visita diretta dei luoghi, che meglio definiscono i contorni di questa particolare vicenda artistica.
A tale scopo è stato ricostruito, attraverso lo studio della realtà storico-artistica napoletana, il processo formativo di Domenico Morelli, uno degli artisti italiani più importanti ed apprezzati della pittura europea del XIX secolo, e il suo ruolo di “artista” ed “operatore culturale”.
Il Morelli era un genio che viveva di continuo tra sogno e realtà. Nel suo studio portò le visioni di terre lontane legate alla civiltà ottomana e attorno al proprio cavalletto le plasmò con la fantasia.
La Salve Regina! apre il ciclo delle storie sacre legate all’oriente e all’Islam. lo studio evidenzia come ci sia un ordine simbolico nascosto sotto la bellezza della pittura. Il simbolismo morelliano viene presentato come un sottile diagramma che rivela e nasconde significati di un dialogo profondo, incline a comunicare cose, immagini e pensieri più o meno semplici. Ed è proprio il “simbolo” a rivelare il significato più profondo: il tau, la Stella di david, le rose, i garofani, il triangolo, il quadrato, l’esagono, l’ottagono; simboli, questi, “di un repertorio ermetico – quasi – alchemico” che, collocati sull’opera, ne sovrastano la semplice rappresentazione geometrica.
Il segno distintivo dell’opera sembra essere la contraddizione: dal titolo alla sua rappresentazione, dallo schema compositivo a quello simbolico-emozionale, dal significato religioso Cristiano-Islamico a quello alchemico e non visibile.
Così Antonio Aprelino, mettendo a confronto il dibattito serrato della critica artistica, avvenuto a seguito della esposizione dell’opera, alla luce delle sue ricerche, restituisce al trittico il suo pieno valore artistico, felice sintesi tra significato e forma.