Cultura del mercato
La commissione parlamentare d'inchiesta sulla concorrenza (1961-1965)
Cartaceo
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Il “monopolio”, o almeno ciò che nell’Italia del dopoguerra si definiva in questo modo, era un concetto multiforme. Con questa parola si indicavano gli intrecci fra gli interessi delle grandi famiglie industriali, gli incroci
Il “monopolio”, o almeno ciò che nell’Italia del dopoguerra si definiva in questo modo, era un concetto multiforme. Con questa parola si indicavano gli intrecci fra gli interessi delle grandi famiglie industriali, gli incroci tra i principali soggetti economici e tra i settori, i legami tra imprese private e pubbliche, i nessi tra sistema produttivo e bancario, gli eccessi dell’intervento statale in economia, i conflitti di interessi tra politica e imprese. In sintesi la zona d’ombra tra stato e mercato.
Con la categoria del monopolio si rappresentava, più o meno realisticamente, il capitalismo italiano. Il confronto tra chi lo difendeva, negandone le patologie, e chi lo criticava, per motivazioni ideologiche o per sfiducia nella riformabilità dei suoi meccanismi fisiologici, segnava il pensiero, l’attività e la politica economica del periodo; e quindi la storia dell’economia italiana. In questa lotta fra interessi contrapposti i concetti di mercato, di concorrenza e di tutela della libera competizione economica, svanivano per riemergere solo dopo decenni di lento percorso carsico.
Vi fu tuttavia un momento di riflessione ufficiale che, a dimostrazione di questa temperie culturale, rimane oggi pressoché dimenticato così come allora rimase senza conseguenze concrete: l’attività della Commissione parlamentare di inchiesta sui limiti alla concorrenza nel campo economico.
Al principio degli anni sessanta i lavori della Commissione costituirono un tentativo di chiarire le condizioni del mercato e, nello stesso tempo, furono testimonianza del dibattito tra i principali protagonisti economici, culturali e politici dell’epoca. L’attualità di questa storia, dei temi e degli argomenti allora in campo, è forse simbolica della lentezza dei processi di sviluppo di un intero paese e della sua “cultura del mercato”.