Alle origini delle scienze sociali
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Quella che viene spesso chiamata «epoca della società» è stata un periodo in cui alcuni straordinari pensatori si sono dati il compito di affrancarci dalla credenza, dominante nella storia dell’umanità, secondo cui gli
Quella che viene spesso chiamata «epoca della società» è stata un periodo in cui alcuni straordinari pensatori si sono dati il compito di affrancarci dalla credenza, dominante nella storia dell’umanità, secondo cui gli eventi sociali sono la conseguenza diretta della volontà di un qualche attore: un convincimento che porta ad attribuire all’intervento di altre entità quel che non è possibile imputare alla nostra azione. I fenomeni che non sono il risultato immediato dell’intenzionalità degli esseri umani (e che tuttavia sono determinati dal loro agire) vengono in tal modo trasformati nel prodotto voluto da una popolazione di forze invisibili che, evocate o di loro spontanea iniziativa, prendono parte, nel bene e nel male, alle vicende della quotidianità. Il vuoto lasciato all’abbattimento di tale credenza è stato preso dal rapporto intersoggettivo. Si è compreso che, a causa dell’interazione sociale, l’azione umana genera, accanto o in sostituzione di esiti intenzionalmente perseguiti, una sequenza di esiti non programmati. È questa la maniera in cui sono nate norme e costellazioni di norme come il linguaggio, la famiglia, lo Stato, la moneta, il diritto, il mercato. Ciò impone lo studio delle conseguenze inintenzionali prodotte dalle nostre azioni; conseguenze che possono essere di carattere negativo e positivo. Per correggere i nostri errori, è necessario individuare le condizioni che danno origine alle prime; per avvantaggiare lo svolgimento della vita sociale, è necessario individuare le condizioni che danno origine alle altre. L’analisi di queste ultime, oltre a gettare luce sul processo che ha portato alla nascita delle più importanti istituzioni sociali, ha reso possibile la «scoperta» di un modo radicalmente nuovo di rendere compatibili le azioni umane: quello in cui la scelta individuale prende il posto della prescrizione di una singola mente ordinatrice. L’autore rivisita in particolare le opere di Pierre Bayle, Bernard de Mandeville, David Hume, Charles-Louis de Montesquieu, Adam Smith; e mostra al lettore il percorso da cui sono nate le scienze sociali.
Indice
Prefazione
1. Il problema delle conseguenze inintenzionali delle azioni umane
1. Conseguenze inintenzionali, religione e magia
2. Conseguenze inintenzionali e politeismo
3. Il «governo degli uomini» (e degli dei) e il «governo della legge»
4. Platone e il nuovo ordine intenzionale
5. Le conseguenze inintenzionali come oggetto delle scienze sociali
2. Pierre Bayle e Bernard de Mandeville
1. Individualismo vero e individualismo falso
2. Bayle: limiti della conoscenza, religione e motivi dell’azione
3. Mandeville: dalla fallibilità umana all’ordine inintenzionale
4. Mercantilisti o liberali?
3. Francis Hutcheson e David Hume
1. Tra passato e futuro
2. Hutcheson sulle spalle di Shaftesbury
3. Hume tradito da Hutcheson
4. Hume e l’ordine inintenzionale
5. Tradizioni di ricerca
6. Appendice: Josiah Tucker
4. Charles-Louis de Montesquieu e Adam Smith
1. Montesquieu e la variabilità dei modelli di vita
2. Montesquieu tra il mito di Sparta e la Grande Società
3. Smith e la nascita delle norme sociali
4. Smith: divisione del lavoro e «governo della legge»
5. Appendice: Adam Ferguson
5. Prime continuità e discontinuità
1. Le immediate influenze scozzesi nella teoria politica: Edmund Burke e Benjamin Constant
2. All’interno della teoria economica: utilitaristi in senso lato e utilitaristi in senso stretto
3. All’interno della sociologia: la discontinuità di Auguste Comte e la continuità di Herbert Spencer
4. Appendice: Spencer e Darwin
6. Considerazioni aggiuntive
Rassegna
- Il Foglio 2022.03.16
Una fogliata di libri
di Matteo Matzuzzi