Da loccidentale.it
Giovedì a Roma, in una affollata Galleria Alberto Sordi, alla presentazione del libro sulle riforme di Valerio Onida e Gaetano Quagliariello (“Perché è saggio dire No”, Rubbettino 2016), c’erano la senatrice del Pd Anna Finocchiaro e Stefano Parisi, in un evento che ha funzionato come termometro delle ragioni del Sì e del No al referendum costituzionale. E che si potrebbe riassumere così: un Sì sempre più a disagio, un No che si rafforza ogni giorno che passa.
La Finocchiaro, figura istituzionale e politico di indubbia qualità, che la ministra Boschi ha pubblicamente ringraziato per il lavoro fatto sul testo di riforma, ha provato a spiegare in questo modo il Sì al referendum: visto che in Italia le riforme non siamo mai riusciti a farle, una volta che il parlamento le vota, andiamo avanti e mettiamoci il sigillo della consultazione popolare. Motivazione fragile – seguendo la tesi del “purchessia” in passato il Parlamento ha fatto pasticci enormi come il titolo quinto – ma che almeno non suona squallida come la propaganda di Renzi. Quest’ultimo ha ridotto il referendum a un’accetta da roteare sui costi della politica e il numero dei senatori, salvo scoprire che proprio sul titolo V la sua riforma costerà molto di più di un qualsiasi poltronificio… Del resto, inseguendo l’antipolitica, tanto varrebbe proporre di abolire del tutto il parlamento, risparmieremmo sicuramente di più.
Per Quagliariello è stata l’occasione per smontare una storiella che circola sul suo conto, ovverosia di aver abbandonato sul più bello le riforme, proprio lui che da saggio con Napolitano prima e da ministro con Letta dopo viene considerato il padre della riforma stessa. Quagliariello ha ricordato che in occasione del suo ultimo voto favorevole, fu proprio un colloquio riservato avuto con la senatrice Finocchiaro a persuaderlo che, nonostante tutti i suoi dubbi e le obiezioni di merito e di metodo, forse si poteva provare ancora a trovare una “quadra”, intesa come un compromesso nobile e costituente, non dettato dalla contingenza politica ed elettorale.
Già prima che Renzi arrivasse a Palazzo Chigi, però, Quagliariello aveva espresso a Letta e al suo vice, Alfano, la volontà di fare un “passo di lato” da ministro, parlamentarizzando completamente l’iter della riforma. Il fatto che al contrario Renzi si sia imposto sull’iter riformatore, come nel caso dell’Italicum, passato a colpi di fiducia, subordinando tutto il resto alla politica dei “progressivi trasformismi” del (fu) Rottamatore, ha messo una pietra sopra lo spirito costituente. Dando ragione alla scelta fatta da Quagliariello, che oggi è schierato con il fronte del No, come lo sono, e questo è un fatto eloquente, tutti e quattro i “saggi” (Violante, Mauro, gli stessi Onida e Quagliariello) nominati da Napolitano per formulare le prime proposte di riforma costituzionale.
Fin qui è storia ma non slegata dall’attualità politica. Ieri infatti come abbiamo detto tra gli ospiti dell’evento ad essere il più inseguito da giornalisti e flash dei fotografi è stato Stefano Parisi. Quel Parisi che si è appena candidato a “rigenerare” il centrodestra, annunciando una convention settembrina nella Milano dove per poco alle amministrative non sfiorava il colpaccio, perdendo di stretta misura con Sala forse anche perché – lo pensano in molti – nel rush finale hanno pesato le resistenze più o meno sotterranee del suo schieramento, mentre dall’altra parte Sala poteva contare sull’endorsement chiaro e forte del suo predecessore Pisapia.
E dunque quel Parisi a cui oggi il direttore Feltri dedica una luminosa biografia descrivendolo come l’unico federatore possibile del centrodestra, quel Parisi che secondo le indiscrezioni incontra sempre di più i favori del presidente Berlusconi e getta nella disperazione qualche colonnello di Fi, ha scelto di fare la sua prima apparizione pubblica da leader in pectore all’evento organizzato da Quagliariello con il movimento Idea. Ed è stato molto chiaro: voto No al referendum costituzionale.
di Elena de Giorgio
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